IL COMUNE DI POZZALLO ADERISCE ALLA “GIORNATA DELLA MEMORIA E DELL’IMPEGNO”

“Semi di Giustizia”- “Fiori di Corresponsabilità”. Questo il titolo della XVIII “Giornata della Memoria e dell’Impegno” che si festeggia il 21 marzo, in ricordo delle vittime delle mafie, su iniziativa di “Libera – Associazioni, nomi e numeri contro le mafie” e di “Avviso Pubblico”. Sono oltre 900 i morti ammazzati da ricordare, semplici cittadini, magistrati, giornalisti, rappresentanti delle forze dell’ordine, sacerdoti, imprenditori, sindacalisti, esponenti politici ed amministratori locali, che hanno avuto la “colpa” di compiere il loro dovere. Il Comune di Pozzallo, città che ha dato i natali a Giorgio La Pira, ha aderito alla ricorrenza con la presentazione del libro “Passaggio di testimone”. Vittime della politica, dunque, quanti sono caduti sul terreno di una società violenta e irresponsabile? Meglio dire della mala politica. Quando cioè l’uomo, da strumento preziosissimo di relazione per la convivenza civile, trasforma la gestione della cosa pubblica in potere bruto, provocando crisi, conflitti e tragedie umane. “Un pensatore politico – scrive Angelo Scivoletto nel libro “Giorgio La Pira – La politica come arte della pace” – può essere ritenuto tale, se solo presenta le linee ideali, i significati e gli sviluppi possibili di un sistema politico, nelle sue molteplici articolazioni, se spiega quel che la responsabilità del politico comporta e ciò che da essa si attende in prevalenza una comunità. Giorgio La Pira, che pur è maestro di “principi” e di “premesse”, non reputa sufficiente la descrizione del “dover essere”, ma fa appello all’etica dell’agire concreto, che porta all’essere e realizza i principi e le idee che caratterizzano la visione politica. La politica è, dunque, il versante dell’agire ai fini della costruzione di rapporti e di prospettive di intesa e di cooperazione tra gli uomini, pur nella fatica del comprendersi e nella dialettica delle proposte. Il pensatore politico completo prefigura l’azione e in certo modo tende ad agire o, almeno, si mette nella situazione di chi è chiamato dalle circostanze ad agire e di chi vede in questa operatività il certificato del proprio pensiero. Da questa coerenza si misura la qualità – a volte l’antinomia, a volte la drammaticità – del pensare politico e di ciò che esso produce nella vita reale degli uomini, a seconda che tale pensiero assegni alla vita un valore primario o se assegni invece tale valore soltanto al potere. Nel primo caso, la “coerenza” porta alla democrazia e al perfezionamento dei rapporti intersoggettivi e interistituzionali; nel secondo caso, porta all’assolutismo e a tutte le contraddizioni, anche tragiche, dell’arbitrio e della violenza “costituita””.

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