G I U L I A N A

 

Giuliana lo abbracciò e rassicurandolo disse: “Vedi Michele, eravamo troppo felici, dopo un po’ di sofferenze ritorneremo come prima, vedrai, andrà tutto a meraviglia. Ho sognato che l’intervento andrà bene, però dopo, dovrò soffrire a lungo”. Lui per giustificare il suo pianto balbettò qualcosa.

Giuliana forse conosceva già l’epilogo, ma la sua vitalità, la sua esuberanza, l’amore per i suoi cari le facevano negare la realtà.

Con un’ambulanza della Croce Rossa, a fine gennaio una domenica molto triste, di buonora sono partiti per Marsiglia.

L’intervento durò cinque ore, al suo risveglio ancora nella semi incoscienza Giuliana sente un vocio in francese e rimane traumatizzata, così tutte le notti a brevi intervalli, nonostante gli antidolorifici e i tranquillanti, si svegliava terrorizzata.

Michele e i figli, l’hanno assistita tutte le notti, minuto per minuto. Vederla in quelle condizioni era come morire, come strappare un brandello della propria carne.

Dopo una settimana fortunatamente i dolori erano spariti e a tutti loro sembrò di ritornare a vivere.

Come una bambina, cominciò a raccontare: “Sai Michele, le infermiere quando vengono al mattino per le mie pulizie, tra di loro dicono in francese, pensando di non essere capite, guarda che bel corpo, che pelle meravigliosa nonostante la sua malattia. Tu cosa ne pensi Michele, sei d’accordo?” “Certamente cara” rispondeva Michele, mentre la riempiva di baci.

Tutto ciò lo inorgogliva, era proprio quest’ atteggiamento ingenuo da adolescente che continuava a legarlo sempre più forte a lei. E quando lui provava a immaginare la loro vita da vecchietti, era assalito da una tenerezza infinita, provava le stesse sensazioni del primo bacio.

Michele non poteva ancora percepire il freddo gelido della sua vecchiaia e la sua ultima alba senza Giuliana.

Finita la degenza, lui pensava di riportarla a Genova con la propria auto, seduta al suo fianco come le altre volte. Ma il dolore era ancora acuto e anche questa volta fu un’ambulanza a trasportarla a Genova.

Lui e i figli erano ottimisti, in altre occasioni Giuliana, con la sua vitalità, si era ripresa rapidamente. Si sono affrettati ad acquistare un letto ortopedico regolabile per permetterle di assumere le posizioni più comode, perché i suoi movimenti erano condizionati dal busto in plexiglas che le avevano modellato su misura a Marsiglia.

Michele sistemò il letto vicino a quello matrimoniale dove cominciava a sentire il freddo della solitudine.

Lei durante la notte spesso si svegliava spaventata e lo chiamava, ma lui non poteva fare altro che prenderla fra le braccia per cercare di trasmetterle il suo calore.

Tutto sembrava inesorabile e puntuale. Quando col permesso del medico le hanno sostituito il busto rigido con un altro in gesso, costruito su misura direttamente a letto, cominciò a fare i primi passi.

Ogni mattina si alzava, faceva la sua “toilette” e ritornava a letto. I dolori si erano improvvisamente calmati e non era necessario alcun antidolorifico.

Quella casa s’illuminò subito di una luce nuova che faceva sognare tutti, dando loro la forza di illudersi. Il suo viso era diventato radioso di felicità, sembrava di essere ritornata una bambina. Quando Michele la stringeva al suo corpo, le sue braccia la contenevano tutta e per un attimo gli sembrava di rivivere un istante intenso d’amore che purtroppo aveva il sapore d’incertezza e di malinconia.

Il suo capo così piccino, la faceva apparire come una bimba in festa piena di gioia.  Purtroppo le speranze cominciarono nuovamente a infrangersi come le onde sulla scogliera della disperazione, mandando in frantumi le illusioni che solo un amore grande riusciva ad alimentare.

Come ogni miraggio, questo momento magico scomparve improvvisamente e i loro sogni si sciolsero come bolle di sapone al sole.

Non riusciva più ad alzarsi, la disperazione era grande, lei era costretta a stare sempre supina col viso rivolto sempre al soffitto senza avere la possibilità di girarsi su l’uno o l’altro fianco. Immaginare solamente una cosa del genere è pazzesco.

Michele l’aiutava a lavarsi e a fare le altre pulizie personali. Spesso passava una crema rinfrescante sul suo corpo e sotto le dita sentiva ancora la sua pelle soda e vellutata.

I dolori non accennavano a diminuire e Michele decise di telefonare al prof. Renè per chiedere aiuto. Il medico gli assicurò che in occasione della sua partecipazione a un prossimo congresso a Genova, avrebbe visitato sua moglie e gli chiese di fare nuove lastre che un radiologo eseguì direttamente a letto.

Nell’arco di una settimana il medico, come promesso, andò a trovare Giuliana e dopo la visita si limitò a prescrivere altri medicinali.

Mentre Michele lo riaccompagnava in albergo, il professore parlò del reale stato di Giuliana, nel farlo fu quasi spietato per la sua crudezza.

Michele aveva immaginato spesso l’epilogo, ma ancora non l’aveva misurato in questa nuova dimensione. Tutto cominciava a cadergli addosso, gli sembrava di scivolare in un baratro senza fondo. Temeva questo momento e voleva scacciarlo, spingerlo sempre più avanti con un’ irrazionale speranza.

Com’era possibile una cosa del genere, la sua Giuliana era sul punto di abbandonarlo per sempre. Non poteva concepire una cosa simile. Erano mesi che nella sua segreta disperazione riusciva ad illudersi ancora, Ora vedeva tutto chiaro, la sua vita finiva qua. ora l’ aspettavano momenti più terribili.

Michele pensò subito di non dire nulla alla sua Giuliana, decise di mentire perchè questa crudele verità non sarebbe servita a nulla. Pensava che una pietosa bugia potesse, invece, darle momenti di serenità. Non voleva spezzare quel velo di speranza, non poteva cancellare quel filo sottile che lega la realtà all’imponderabile, il razionale all’assurdo. Perchè eliminare quel gioco che fa passare da attimi di drammatica lucidità a momenti di sogni, ai ricordi più belli della propria vita che affiorano cosi come una vecchia pellicola dimenticata nel cassetto.

Non era giusto interrompere quel loro grande amore, fatto adesso di silenzi e di baci. Lui non doveva  permettere che quegli ultimi giorni diventassero momenti di attesa e di straziante addio.

Avevano già provato l’intensità del loro dolore dovuto ai viaggi di studio o di lavoro di Michele. Lui ricorda ancora bene, quando per la prima volta sono stati costretti a separarsi, lei aveva saputo in anticipo la data della sua partenza e in quei giorni che la precedevano, era triste. Da allora, lui imparò la lezione e fino all’ultimo giorno teneva tutto per sé il peso del distacco.

Ora si trattava di un viaggio senza ritorno della sua Giuliana e non poteva non comportarsi nella stessa maniera.

 Michele al suo ritorno trovò una donna avvilita, disfatta, colpita nel più profondo dell’animo, il suo coraggio di reagire, di continuare, vacillava. Le incertezze, i dubbi, l’amarezza cominciavano a insinuarsi in maniera infida. La condizione di non essere autosufficiente, la propria impotenza, il fatto di dipendere dagli altri, anche se era il suo Michele ad aiutarla, le dava panico e grande sgomento.

Lui ormai si era dedicato anima e corpo a lei. Era sempre lì notte e giorno per poterle assicurare costantemente la sua protezione e il suo calore.

Michele, sotto la sua guida, preparava da mangiare, curava personalmente il cibo che le dava e spesso riceveva anche i complimenti, soprattutto per il risotto di cui era ghiotta. “Mi raccomando”, diceva, “quando fai il risotto ricordati di aggiungere il rosmarino ben tritato, a soffritto pronto, solo un attimo prima di mettere il riso”. “Agli ordini, farò come tu vuoi ”

rispondeva Michele col suo cuore infranto.

Lui viveva di questo. Giuliana, sorretta sempre da una grande volontà cercava di reagire di  convincere se stessa che il male era sparito. Ma dopo una breve passeggiata da una camera all’altra, il dolore la costringeva a desistere.

Michele la vedeva sfiorire come una rosa recisa, il suo cuore non aveva più la forza di sussurrare piccole bugie, il loro amore aveva percorso sempre la via della verità, ma lui non voleva infrangere quelle ultime speranze che sono conservate nel più profondo del nostro essere, non è possibile immaginare che la propria vita possa essere gettata come un vestito vecchio. Non ci si può rassegnare a un destino che riesca a cancellare una vita di emozioni e d’amore. È come portar via un bimbo alla sua mamma mentre lo sta allattando, è una crudeltà che nessuna mente può accettare.

Michele purtroppo quotidianamente,passava da una ragionata illusione a un incontrollabile pianto che era costretto a trattenere dentro per non usare violenza ai suoi cari.

La notte era la più terribile, lei si svegliava improvvisamente perché aveva paura di perdere i suoi cari, paura del buio e di non sentire più il calore di lui. E Michele impotente,  vedeva consumarsi quel dramma lentamente e, con grande fede, pregava il suo Dio che rappresentava la sua ultima e desolata spiaggia, lo stesso Dio che quel giorno di tanti anni fa, quando era bambino, l’aveva salvato dal temporale.

Tutte le sere, dopo cena, guardavano la televisione fino a notte inoltrata, come se avessero voluto rubare le ore al tempo.

Stavano lì a guardarsi, a toccarsi le mani e in silenzio le loro lacrime erano ingoiate dal loro altruismo, il loro cuore veniva soffocato così come le onde del mare facevano col naufrago sventurato.

                                                                                                 

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