Emergenza 118 in provincia di Ragusa: il paradosso delle ore straordinarie non retribuite. Intanto gli infermieri scappano in Norvegia

In un autentico paradosso, il servizio di emergenza del 118 nella provincia di Ragusa si trova ora ad affrontare una sfida senza precedenti. La carenza di medici e infermieri, già una realtà cronica, si intreccia con una decisione dell’ASP 7, comunicata con nota prot. 75247 del 10 novembre scorso, che getta ulteriori difficoltà sul sistema: le ore straordinarie, essenziali per garantire il servizio a causa della carenza di personale, non verranno più pagate, né quelle passate né quelle future.

L’allarme è stato lanciato dalla deputata regionale del Movimento 5 Stelle di Ragusa, Stefania Campo, che ha presentato un’interrogazione indirizzata al presidente della Regione e all’assessore regionale alla Salute. La deputata ha sottolineato come, nel corso degli anni, la carenza di personale si sia intensificata, inizialmente con la mancanza di medici e ora con l’ulteriore perdita di infermieri.

“In molte postazioni del 118, l’assistenza sanitaria d’emergenza sarebbe dunque garantita esclusivamente dagli autisti e dai soccorritori”, afferma Campo. La decisione dell’ASP di non pagare più le ore straordinarie lavorate è giustificata richiamando l’applicazione del D.Lgs 66/2003.

La nota della Direzione strategica dell’ASP specifica che l’attività deve essere espletata entro le 48 ore settimanali, e oltre questo limite non verranno liquidate eventuali ore eccedenti. Viene addirittura ipotizzata la sospensione del pagamento delle spettanze in caso di difformità.

La deputata regionale Campo sottolinea che, per evitare il fermo tecnico delle ambulanze, ci sono solo due strade: procedere a nuove assunzioni in modo tempestivo o concedere una deroga al provvedimento dell’ASP, come già accaduto durante la pandemia da COVID-19. La carenza di personale, aggravata dalle festività imminenti, potrebbe portare a una situazione critica, con i fatti degli scorsi anni a dimostrare quanto il problema sia reale e urgente.

La politica, afferma Campo, deve ora assumersi la responsabilità di risolvere il problema che essa stessa ha contribuito a creare. La carenza di personale è una questione che non può essere ignorata, specialmente quando si tratta di un servizio vitale come l’emergenza-urgenza 118.

INFERMIERI ITALIANI SEMPRE PIU’ VERSO LA NORVEGIA

Ben 50 infermieri italiani negli ultimi due anni sono partiti alla volta della Norvegia, e molti altri potrebbero partire nei prossimi mesi. I numeri ci arrivano direttamente dalla qualificata società di recruitment internazionale che si occupa di selezionare e formare infermieri italiani per inserirli nella realtà sanitaria scandinava.

E’ un dato di fatto: la Norvegia, così come molte altre nazioni europee, sta letteralmente “pescando a piene mani” in Italia, portandosi via le nostre migliori eccellenze. 

Età media degli infermieri? Sono giovanissimi i professionisti italiani che partono alla volta della Norvegia, hanno tra i 25 e i 30 anni!

Alcuni di loro addirittura vengono “opzionati” al terzo anno di infermieristica. Stipendi, come vi abbiamo già raccontato, fino a 3500 euro al mese, volo pagato dall’Italia, alloggio e bollette pagate dai datori di lavoro nella maggior parte dei casi, almeno nei primi mesi. 

La Norvegia è decisamente tra le nuove “isole felici” per gli infermieri di casa nostra, più che mai letteralmente in fuga dall’Italia. 

«Abbiamo preso contatti con la società spagnola che da circa due anni seleziona i migliori professionisti europei per portarli in Norvegia e abbiamo appreso di un modus operandi decisamente nuovo rispetto al passato, definiamolo nettamente più diretto e incisivo.

Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.

E’ stato proprio il responsabile del canale Norvegia-Italia a fornirci i dati degli infermieri di casa nostra partiti alla volta del Nord Europa attraverso le selezioni di questa nota agenzia, negli ultimi 24 mesi, e inoltre abbiamo appreso che vengono avviati da tempo contatti con molte nostre università e addirittura con alcuni Opi, e stiamo approfondendo in tal senso di quali si tratta.

Gli infermieri italiani vengono non solo messi nella condizione di ricevere trattamenti economici di primissimo livello, ma usufruiscono, da subito, se selezionati e ritenuti profili idonei per la sanità pubblica norvegese, di ricevere una adeguata formazione a distanza prima di partire. 

Lo avevamo anticipato, non occorre nessuna conoscenza pregressa del norvegese, tutt’altro. Ma dall’Italia si parte con solide basi e si è messi nella condizione di ottenerle, continua De Palma. Insomma la Norvegia non lascia nulla al caso.

La società in questione ti permette, infatti, di frequentare un corso base di lingua norvegese a distanza (dura appunto 9 mesi) e inoltre ricevi una adeguata formazione di integrazione socio-culturale per inserirti al meglio nel contesto norvegese, essere messo nelle condizioni di offrire il meglio delle tue competenze e soprattutto siamo di fronte a datori di lavoro che vogliono che tu non vada via così presto».

Il corso di lingua norvegese, tenuto da docenti specializzati, è totalmente gratuito, lo puoi frequentare mentre ti stai per laureare o continui a lavorare in Italia, e decidi addirittura tu i giorni delle dirette. Si pensi che il giovane infermiere italiano può ammortizzare i costi della formazione, pagata dall’ente, con l’obbligo di rimanere almeno due anni presso la stessa realtà sanitaria. 

Gli studenti italiani al terzo anno in infermieristica hanno davanti una opportunità di non poco conto: candidarsi già prima della laurea, essere selezionati e studiare la lingua e la cultura norvegese, laurearsi e partire subito per il Nord Europa. L’alternativa? I turni massacranti degli ospedali di casa nostra, le violenze perpetrate nelle corsie, uno stipendio tra i più bassi d’Europa. E voi, siate sinceri, cosa fareste al loro posto?», chiosa De Palma.

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