DONNA E LETTERATURA IN ITALIA NEL XX°SECOLO

  “Sarebbe mille volte un peccato se le donne scrivessero come gli uomini o vivessero come gli uomini o assumessero l’aspetto di uomini”, affermava Virginia Woolf in un libro pubblicato nel 1929  con un titolo emblematico, “Una stanza tutta per sé”

Specificità poetica dell’immaginario femminile è l’espressione che Guido Lo Curto usa  per indicare il complesso di quelle caratteristiche che contraddistinguono la scrittura al femminile.

Bisogna intanto sgombrare il campo da un pregiudizio  ancora diffuso secondo cui la Letteratura al femminile si identifica con il genere leggero, comunemente detto “rosa”, quello per intenderci di Maria Delly, Liala, Barbara Cartland.

Non dobbiamo né possiamo accettare un altro pregiudizio secondo il quale la Letteratura al femminile  sarebbe un genere minore rispetto a quella maschile.

In Francia abbiamo scrittrici famose già a partire dal Seicento, in Inghilterra dal Settecento.

L’Italia,in ritardo rispetto a queste due grandi nazioni europee sia sul piano politico, economico e sociale che sul piano culturale, vedrà nascere la Letteratura al Femminile nella seconda metà dell’Ottocento e, quindi, significativamente, dopo il raggiungimento dell’Unità Nazionale, e nel quadro di un rinnovamento della tradizione letteraria, grazie  all’affermarsi del movimento verista, nato dalle istanze del Positivismo europeo e del Naturalismo francese.

Per questo periodo si fanno abitualmente due nomi di scrittrici, se ci si vuole fermare alle più famose, Grazia Deledda e Matilde Serao.

La prima non ebbe in vita e non ha ancora, in Italia, la fama che avrebbe meritato, eppure ricevette il Premio Nobel con la motivazione che “solo una scrittura squisitamente femminile come la sua poteva dipingere, con attenzione ai particolari, luoghi e situazioni.”

Un qualsiasi manuale in uso nelle scuole la liquida in una paginetta.

E’ sconcertante che Luigi Pirandello, per altro attento al disagio della condizione femminile, come molte sue opere testimoniano, capace di  creare delle vere eroine che si battono contro secolari pregiudizi maschilisti, non nutra alcuna simpatia per la Deledda che pare abbia ispirato il personaggio di Silvia Roncella, protagonista del romanzo “Suo marito”, in seguito perfidamente intitolato “Giustino Roncella nato Boggiolo”

In un convegno pirandelliano, svoltosi ad Agrigento nel 1986,Maria Antonietta Grignani ha affermato in proposito “si ha l’impressione che Pirandello non fosse disposto a dar credito di lucidità alla donna scrittrice…..ad Ada Negri inflisse una recensione feroce, negandole ogni cultura.”

Peggio fa Verga con la Serao, di cui apprezza la scrittura ,solo perché secondo lui, non è una vera donna ma un ermafrodita! (Lo ha detto un’attenta studiosa di Verga,Concetta Greco Lanza)

Ma è  destino delle donne che si affermano sentirsi dire, come se fosse un complimento: “Come sei brava! Non sembri nemmeno una donna!”

Questo spiega il ricorso da parte di alcune scrittrici ad uno pseudonimo maschile (il caso più noto è quello di George Sand) e ad un tipo di scrittura che non potesse essere identificata come femminile.  Ma se questo “pagava” in termini di fama, generava delle vere e proprie crisi di identità.

Altro triste destino per le scrittrici, oltre a doversi mascherare con uno pseudonimo maschile, essere considerate incolte, o sessualmente ambigue, è quello di dover scrivere di nascosto, con un senso di colpa, fra un’incombenza domestica e l’altra.

Cito una studiosa della Letteratura al femminile, Neria De Giovanni:

“L’atto dello scrivere diventa importante in quanto aiuta la donna nel suo processo di possesso del mondo. Perciò è spesso accompagnato da un malcelato senso del proibito quasi che, compiendo l’atto di scrittura, la donna operi una rivoluzione molto pericolosa  anche e soprattutto per lo scardinamento del ruolo sociale e familiare fino ad allora impostole.”

La nostra Mariannina Coffa, infatti, aveva un suocero convinto che una donna che sa leggere e scrivere non può essere una donna onesta.

Jane Austen doveva nascondere sotto un libro i suoi scritti, se entrava qualcuno, e Charlotte Bronte  si interrompeva di continuo per pelare le patate (è sempre Virginia Wolf a dircelo nel libro che abbiamo citato all’inizio)

Isabella Bossi  Fedrigotti, ha sottolineato la difficoltà di dedicarsi alla scrittura quando incombono le pressanti richieste della cura dei familiari, dei figli, della casa.Confessava che, per reazione, era maturato in lei il rifiuto del lavoro mentale. Appena tentava di sedersi alla scrivania, trovava immediatamente un alibi per allontanarsene .

Emblematici, in proposito, il titolo e la vicenda di “Quaderno proibito” di Alba De Cespedes: la protagonista, Valeria, scrive di notte in cucina, su un quaderno che, alla fine della storia, brucerà perché costretta ad accettare a tempo pieno il nuovo ruolo di nonna.

 

Il Novecento si apre con un romanzo destinato a far epoca: Sibilla Aleramo(cioè Rina Faccio,zia della radicale Adele) pubblica “Una donna “storia parzialmente autobiografica  della sua triste esperienza che la portò alla separazione  coniugale e,soprattutto, all’abbandono del figlio”

Già in quest’opera troviamo un’indicazione precisa su uno degli aspetti più ricorrenti nella scrittura al femminile: il fenomeno dell’autobiografismo.

Esso ha origine in quella notevole quantità di produzione scritta e non pubblicata che sono i diari,le lettere e talora le liriche in cui le giovani che avevano potuto accostarsi alla cultura  imparavano ad esprimere se stesse, i loro sentimenti,il loro disagio.

Emblematico in questo senso il personaggio di Marianna Ucria, ispirato a Dacia Maraini da una sua antenata.

Marianna,  sordomuta per uno stupro subito nell’infanzia,trova nella scrittura, nella lettura,nella cultura illuminista con cui viene a contatto, grazie al  precettore dei suoi figli,la ragione per vivere.

E forse gli uomini all’antica come il suocero di Mariannina Coffa non avevano tutti i torti a temere le donne che sapevano leggere e scrivere perché il femminismo, l’attacco alla cultura maschilista e all’oppressione della donna sono venute proprio dall’istruzione e dalla presa di coscienza.

Ma vediamo di tentare una storicizzazione della scrittura al femminile, facendo riferimento alla studiosa, già citata, Neria De Giovanni, la quale divide le scrittrici italiane del Novecento in quattro generazioni.

Alla prima appartengono le scrittrici nate tra la fine del secolo scorso e l’inizio del nostro secolo.

Tra di esse troviamo nomi di rilievo come quello di Anna  Banti, Maria Bellonci, Alba de Cespedes, Gianna Manzini, Lalla Romano, Elsa Morante.

La De Giovanni sottolinea come, per la prima generazione di scrittrici l’affermazione nel mondo delle lettere  sia stata possibile grazie all’unione con un uomo importante,riconosciuto dall’establishment che “garantisse” per la sua donna, (qualcosa ,per intenderci, come  l’unione di  Sartre con la De Beavuoir)

Infatti Elsa Morante è la compagna di Alberto Moravia,Gianna Manzini di Enrico Falqui,Anna Banti di Roberto Longhi, Maria Bellonci di Goffredo Bellonci.

Questo fenomeno va scomparendo nella seconda metà del secolo: con l’avvento delle motivazioni ideologiche del Neorealismo e con la rivoluzione del ’68, la collocazione della donna all’interno del mondo letterario acquista autonomia e voce propria, mentre continua a persistere da parte della critica letteraria una sorta di approccio puramente biografico-contenutistico che raramente sfiora il valore stilistico.

Il passaggio dalla prima alla seconda generazione consente intanto di riscontrare una maggiore affermazione della donna che scrive: per esempio non ha più bisogno di un compagno di prestigio che garantisca per lei, anzi, come nel caso della Maraini è controproducente il fatto di essere la donna  di Alberto Moravia, e le sue opere saranno maggiormente apprezzate quando questa relazione finirà.

I generi prediletti dalla scrittura al femminile sono per tutto il secolo il romanzo autobiografico, quello psicologico e quello storico

Il Neorealismo in cui il genere memorialistico rientra appieno, ha dato visibilità alla narrativa femminile, ma la fine di questo movimento, tanto decantato quanto breve, non ha potuto più togliere alle donne lo spazio che avevano conquistato nel campo delle Lettere.

 Ne è nata un’ampia produzione letteraria  di indirizzo memorialistico in cui si sono esercitati letterati e letterate (nel nostro caso) di professione e autori e autrici di una sola opera  nata dall’urgenza di raccontare la propria storia, percependola come una tessera  della Storia più grande che si svolgeva in quegli anni e raggiungendo, magari inconsapevolmente,  una specie di catarsi.

E’ il fenomeno che fa dire a Maria Occhipinti in “Una donna di Ragusa”:

Ma mano che scrivevo la lava infuocata dei ricordi passando sul mio cuore malato mi liberò giorno per giorno di tutti i veleni, di tutti i mali segreti che mi avevano consumata per anni”

Tra le scrittrici della seconda generazione citiamo Natalia Levi Ginzburg, Milena Milani, Francesca Sanvitale, Romana Petri e Luisa Adorno.

Passando alla terza generazione incontriamo Oriana Fallaci, Rosetta Loy e Dacia Maraini. Come già la Sanvitale, affrontano il romanzo storico, la Fallaci nella sua ultma opera pubblicata postuma, ripercorre le vicende dei suoi antenati, ma privilegiando, all’interno di esso, gli aspetti psicologici e le relazioni familiari.

Concludiamo questa rassegna necessariamente sintetica, e, purtroppo non priva di omissioni come tutte le rassegne di questo genere, citando tra le esponenti  della quarta generazione : Isabella Bossi Fedrigotti e Susanna Tamaro che hanno conosciuto una più diffusa notorietà, rispetto alle altre scrittrici, per il successo di pubblico di alcune loro opere.

A conclusione di queste note ci chiediamo: “Cosa  è cambiato in un secolo nel nostro Paese per la donna che scrive”?

“Moltissimo” possiamo affermare senz’altro.

La tanto declamata  “morte del romanzo” non è mai esistita per la scrittura delle donne, cosicchè si può forse sostenere che proprio la narrativa è diventata un genere “femminile” .

La già citata Neria De Giovanni afferma:

“In questi ultimi trent’anni (del ventesimo secolo n. d.r.) la donna in letteratura non è più un’eccezione o una mosca bianca, ma una realtà forte e disponibile per la ricchezza di tutti, uomini e donne insieme”

 

 

 

 

Laura Barone

 

 

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