Attenzione: se andate nel labirinto del Castello di Donnafugata troverete un minotauro bambino

Sabato 8 giugno alle ore 18.00, presso il giardino del Castello di Donnafugata, verrà presentata la scultura Il Minotauro Bambino di Emanuele Scuotto.

Anche il Minotauro, prima di trasformarsi nella bestia che tutti temiamo, è stato un bambino. Perciò Emanuele Scuotto ha voluto rappresentarlo come un putto, un angioletto, una di quelle figure giocose che popolano i soffitti delle chiese, o dei palazzi barocchi. Accanto a un significato molto esplicito per cui il male può nascondersi dietro sembianze innocenti, ve ne è un secondo, un po’ meno evidente, che spiega questa scelta: il bene e il male coesistono, sono perfino ambivalenti. L’artista non ci chiede di amare il Minotauro o di essere pronti ad abbracciarlo; ci invita a comprenderne, come già prima il Canova di Teseo e il Minotauro o il Cattelan di Him, la dimensione creaturale. Nella scultura del primo, Teseo non è affatto felice della sconfitta del mostro: si limita a riflettere sulla morte e sul destino. In quella del secondo, Hitler è un bambino che dice le preghiere. Avrebbe potuto rimanere buono, seguire un cammino differente? Quello che è certo è che l’uomo è capace di diventare ogni cosa e il suo contrario. Può sprofondare alla ferinitas dei bruti o ascendere al divino. Non a caso, il manto del Minotauro Bambino è di colore blu intenso e tempestato di stelline. Il mostro, che ha nome Asterione, è anche una costellazione.

La scultura di Scuotto, che prende il posto di Pasifae al centro del labirinto del Castello, è la seconda tappa di Labyrinthus, rassegna che propone, dal 18 maggio al 30 ottobre 2024, cinque diverse interpretazioni dei miti dedalici, affidate agli scultori Luigi Citarrella, Emanuele Scuotto, Alessia Forconi, Fulvio Merolli e Giacomo Rizzo.

Ideata e curata da Andrea Guastella, realizzata da Studio M’arte col patrocino dell’Assessorato Regionale della Funzione Pubblica e delle Autonomie Locali e del Comune di Ragusa, la mostra si articola in un tempo di sei mesi.

Le diverse opere saranno installate al centro del labirinto, a rotazione, per un intero mese, per poi venire spostate nel giardino. Per vederle, sarà dunque necessario “perdersi” nei meandri del labirinto, riflettendo in questo lento percorso sui miti e sulla loro attualità.

La scultura sarà introdotta da Clorinda Arezzo e da Andrea Guastella.

Durante la presentazione Massimo Leggio leggerà una selezione di brani dedicati al Minotauro, da Borges a Dürrenmatt a Cortázar.

Labyrinthus sarà aperta tutti i giorni, eccetto il lunedì, dalle ore 09:00 alle 19:00

dal 18 maggio al 30 ottobre 2024

Dal testo di Andrea Guastella:

L’arte contemporanea, secondo Bonito Oliva, nasce e vive sotto il segno del labirinto: più che dare delle risposte, propone delle domande, opera sulla verità, non si abbandona al tempo ma lo precede. Pratica il labirinto “come metonimico movimento del linguaggio stesso”, sentito come governato da un’erranza assoluta, un nomadismo che l’artista assume a modalità operativa di elezione. Uomo senza genealogia, sacerdote di un culto ignoto ai più, sta a lui destrutturare il linguaggio della tradizione per trasfigurarlo in mito. L’artista fonda così un regno magico e segreto al cui interno è possibile accedere al mistero della vita. Il labirinto nell’arte contemporanea non è più dunque un tema, un topos, ma il linguaggio stesso, costantemente riscritto e rinnovato da chi lo attraversa rileggendo la saga del Minotauro, di Teseo, di Dedalo e Icaro, di Arianna e di Pasifae. La storia è nota. Minosse riceve in dono da Poseidone dei tori leggendari. In segno di gratitudine, ogni anno, il sovrano è chiamato a sacrificare al dio l’animale più bello. E tuttavia, giunta l’ora di adempiere al culto, il torello più in forma gli è troppo caro, e decide di optare per una seconda scelta. Adirato per il suo comportamento, Poseidone punisce Minosse facendo sì che sua moglie Pasifae si invaghisca di un toro sino al punto di esser presa da un desiderio irresistibile di copulare con lui. Quasi impazzita per la passione indotta, la regina convince Dedalo, l’inventore di corte, a progettare uno strumento per facilitare il connubio bestiale. Così Dedalo produce una vacca di bronzo in cui Pasifae si introduce per, subito dopo, unirsi con il toro. Da quest’incontro nasce il Minotauro: sanguinaria creatura metà uomo metà toro che Dedalo, comandato da Minosse, rinchiude in un luogo da cui non possa fuggire: il labirinto. Prigione in cui il Minotauro è nutrito da giovani ateniesi, le cui vite sono offerte come tributo da Egeo, il sovrano della città. Per sottrarli al loro destino di morte, Teseo, il figlio “straniero” di Egeo, si offre di uccidere il mostro. Ci riuscirà con l’aiuto di Arianna, la figlia naturale di Minosse e di Pasifae, che consegnerà all’eroe un filo dei suoi per consentirgli di ritrovare l’uscita dal labirinto. Compiuta la sua missione, con l’aiuto di Dedalo, Teseo fuggirà via con Arianna ma, invaghitosi di Fedra, sua sorella, la abbandonerà in un’isola, in cui la fanciulla si consolerà ricevendo le attenzioni del dio Dioniso, che la prenderà in moglie. Teseo, invece, tornerà ad Atene, ma, maledetto da Arianna, dimenticherà di adempiere a una richiesta di Egeo: ammainare le vele nere con cui era salpato qualora fosse riuscito nel suo intento. Viste le navi bardate a lutto, Egeo si suiciderà. Dedalo, invece, per l’aiuto offerto ad Arianna e Teseo, verrà condannato a vivere insieme al figlio Icaro nel labirinto da lui stesso costruito. Entrambi fuggiranno in volo sulle ali di cera modellate da Dedalo: Icaro, però, avvicinandosi troppo al sole, perderà le sue ali e precipiterà al suolo. Le questioni affrontate, dai pericoli della scienza e della tecnologia all’importanza della donna e del lavoro manuale (la tessitura del filo) all’intolleranza verso l’altro, il diverso, lo straniero, sono estremamente attuali. E lo stesso si può dire per i risvolti psicologici della storia, dalla strumentalizzazione del desiderio al divampare delle passioni. In questo senso, la mostra Labyrinthus trasforma il labirinto e il parco del Castello di Donnafugata in immagini fisiche di un’epifania interiore: nei luoghi misteriosi e imprevedibili in cui cinque scultori italiani, da maggio ad ottobre 2024, sono chiamati a ritrovare se stessi e a indicarci la strada.

Luigi Citarrella

Luigi Citarrella nasce a Palermo nel 1981. Da ragazzo sente una innata predisposizione verso la materia, e nelle aule della scuola di scultura dell’Accademia di Palermo cresce a stretto contatto con grandi maestri. Le sue opere sono espressione di una Sicilia colta e impegnata e di un’arte che tiene conto del pluralismo dei linguaggi e delle innovazioni tecniche che caratterizzano la contemporaneità. Dall’argilla modellata al marmo scolpito, fino alle resine laccate, la sua arte ha un fortissimo impatto emotivo.

Docente di scultura presso l’Accademia di Reggio Calabria. Le sue opere sono presenti in collezioni pubbliche e private.

Emanuele Scuotto

Artista schivo, di poche parole, Emanuele si esprime attraverso l’argilla che, nelle sue mani, si trasforma in figure e simboli dal forte potere evocativo, che parlano del nostro tempo ma, anche, di ricordi e storie personali, a tratti intime. Attraverso il suo Dna marcatamente napoletano, l’artista si addentra nelle profondità dell’esistenza umana e si racconta e racconta di luce e ombra, di inquietudine e bellezza, di dolore e rinascita: tutto ciò che potrebbe scomparire nella fretta del quotidiano rimane impresso nella materia, lavorata ad arte, e si trasforma in tasselli di memoria. Emanuele osserva e rielabora, interiorizza e trasforma, alla continua ricerca di una dimensione altra da raggiungere attraverso il suo linguaggio, la sua intima urgenza, il suo pane quotidiano: la scultura.

Alessia Forconi 

Alessia Forconi nasce a Roma nel 1975 e si forma tra l’Accademia di Belle Arti di Roma e quella di Carrara; negli anni partecipa a numerose mostre e concorsi ottenendo vari riconoscimenti. Realizza molte opere monumentali sia pubbliche che private. Sue sculture sono presenti in Italia, Francia, Serbia, Turchia e Giappone. In quest’ultimo paese, nel 2017, si è tenuta una sua personale nel museo cittadino di Ohtawara.

Fulvio Merolli

Fulvio Merolli segue un rigoroso percorso di studi artistici dal liceo fino all’Accademia di Belle Arti, prima quella romana e poi quella di Carrara. Dopo la laurea gli viene affidata la Cattedra di Anatomia Artistica dell’Accademia di San Remo che lascia dopo due anni a favore di un lavoro formativo professionale presso gli studi più prestigiosi della lavorazione artistica del marmo a Carrara, collaborando allo sviluppo tecnico e produttivo delle opere di alcuni artisti di riferimento dell’arte contemporanea. Dai primissimi anni 2000 collabora a Roma con studio consociato M’arte scultura. Nel corso degli anni partecipa a diverse mostre internazionali e vince vari premi, tra i quali il premo F.L. Catel per la scultura. È docente di scultura presso la RUFA di Roma.

Giacomo Rizzo

Giacomo Rizzo, nato a Palermo nel 1977, è professore di Scultura e Tecniche di fonderia presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo. Vive tra Palermo, Cordoba e Lima, La sua poetica si configura come una continua ricerca di estetica e linguaggio attraverso il contatto diretto con la natura e il suo territorio che diventa un luogo dell’anima per l’artista. Dall’incontro con lo spazio naturale attinge forti sensazioni e suggestioni che, insieme ad un’attenta analisi della società contemporanea, inviano, attraverso la scultura, messaggi chiari e precisi sul rapporto uomo-ambiente. Le sue opere e installazioni in relazione al territorio e all’architettura sono presenti in numerose collezioni pubbliche e private e in musei internazionali.

Labyrinthus

a cura di Andrea Guastella

18 maggio-30 ottobre 2024

Parco del Castello di Donnafugata

Contrada Donnafugata, 97100 Ragusa

Orari: 09:00-19:00 (ore 19:00 chiusura botteghino; permanenza permessa fino alle 19:45)

Chiuso il lunedì

Ingresso parco: 2 euro

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