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IMMIGRATI PRESENZA CHE CI CHIEDE DI RIPENSARCI…PIU’ UMANI
22 Gen 2011 18:52
“L’altro fratello” non è solo il titolo del secondo volume dei “Quaderni dell’Osservatorio” presentato venerdì 21 gennaio 2011 a Pozzallo nel salone delle Suore Salesiane; è anche ed anzitutto la prospettiva che la Caritas diocesana di Noto propone per accogliere la sfida di un’immigrazione ormai diventata strutturale. Fin dall’inizio Vincenzo La Monica, referente regionale della Caritas per l’immigrazione, ha ricordato come siamo passati nei nove comuni della diocesi di Noto (Avola, Ispica, Modica, Noto, Pachino, Portopalo, Pozzallo, Rosolini, Sciclia) dal 2% di immigrati all’attuale 3,8%. Si conferma così il dato più rilevante, anche nazionale, e cioè di una presenza che è cresciuta e che si va stabilizzando, come dimostra pure l’elevato numero di ricongiungimenti familiari e di minori stranieri.
La ricerca della Caritas diocesana di Noto parte dai dati numerici per ricercare quindi gli aspetti qualitativi. Anzitutto sul vivere degli immigrati, fatto di lavoro, casa, affetti, relazioni. Emerge un quadro complesso: molti immigrati permettono l’equilibrio familiare in presenza di anziani, ma perdono il loro, dovendo tante bandanti lasciare soli i loro figli che così diventano veri e propri “orfani bianchi”.
Grazie agli immigrati si svolgono tanti lavori nelle nostre campagne con manodopera disponibile, ma anche si registrano conflittualità tra nazionalità quando un gruppo è più disponibile di altri a lavorare in nero o a un lavoro sottopagato, mentre molti, troppi sono gli aborti e molte le violenze nascoste. Quanto all’abitare ci sono esperienze ambivalenti: sono gli immigrati a ripopolare vecchi quartieri dei nostri centri storici, ma la loro presenza diventa positiva solo se mista, se c’è anche popolazione locale. Salvo Garofalo ha presentato – proseguendo sul versante qualitativo – una serie di interviste da cui emerge come il processo di integrazione è ancora in corso e richiede una maggiore consapevolezza. Da qui la convinzione, condivisa dai partecipanti e richiamata dal Vescovo Mons.
Staglianò nella presentazione del volume, che gli immigrati ci ricordano come l’accoglienza non è equivalente a semplice assistenza ma è fattore costitutivo del nostro essere uomini e, per i cristiani, dell’essere figli dello stesso Padre. Per questo sono necessari una “carità nella verità”, un discernimento, una forte tensione educativa che accompagni i processi sociali – dall’immigrazione a qualsiasi forma di diversità – nell’ottica della fraternità, dell’altro che diventando fratello rende anche noi più autentici, non ingenui certo, ma sempre attenti a non semplificare, capaci quindi di cogliere sempre una chiamata alla responsabilità.
Tale chiamata nella città di Giorgio La Pira diventa chiamata anche ad una politica capace di respiri larghi e di scelte coraggiose nel ripensare le nostre città come luoghi di integrazione e di inclusione, di ricerca del bene comune che è tale solo se pensato a partire dai più deboli. (m.a.)
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