A MAZZULEDA RI VANNINIEDU

Il titolo di questo racconto non poteva che essere in dialetto perché solo il dialetto può definire l’oggetto protagonista di questo ricordo di famiglia.
Comunque, per quanti non conoscono o hanno dimenticato il dialetto ragusano, in Italiano suonerebbe “Il piccolo martello di Giovannino”.
La famiglia della zia Sara, sorella di mia nonna, era una famiglia numerosa. Tre  figlie e due figli.
Una grande casa con pianterreno, ammezzato e primo piano in cui vivevano la famiglia della zia e le due famiglie delle figlie.
La domenica tutta la parentela si riuniva in questa casa e il tempo passava piacevolmente, ascoltando il racconto di fatti realmente accaduti a questa o a quella persona presente.
Erano tutti dei grandi affabulatori e riuscivano a rendere comico anche l’episodio più drammatico. Come il seguente.
Uno dei figli della zia Sara, Vanniniedu, all’età di quattro anni era caduto battendo la testa e si era fermato a quell’età mentale.
Era un bel giovane alto e di aspetto distinto e, giusta la definizione, recentemente coniata, di “diversamente abile”, era molto portato per i lavori manuali.
Sapeva confezionare delle ottime spazzole, per esempio. Naturalmente aveva gli attrezzi per il suo lavoro di cui era molto geloso.
Poteva avere una trentina d’anni quando scoppiò la guerra. Ma lui viveva in suo mondo e non si rese molto conto di quanto stava accadendo.
In casa era accettato, rispettato, amato.
Le sue sorelle si occupavano di lui e mettevano in ordine le sue cose.
Un giorno fra gli attrezzi apparve una mazzuleda  che lui usava regolarmente per piantare dei chiodi  o per altre funzioni richieste dai lavori che andava facendo. Le sorelle, maniache della pulizia, quando lui non era in casa mettevano in ordine tutto e lucidavano questa mazzuleda, stando attente a fargliela trovare sempre al suo posto, perché lui teneva molto a questo nuovo attrezzo.
Passarono diversi mesi. Un giorno tornò in licenza il figlio di una delle sorelle di Vanniniedu.
Girando per casa vide la mazzuleda e cominciò a gridare. “Ma che ci fa questa cosa qua!”
 La mamma e la zia intervennero :
“E’ la mazzuleda ri Vanniniedu, guai a toccaglierla perché si arrabbia!”  “Ma questa è una bomba a mano tedesca!” urlò il giovane, al che, la numerosa famiglia che aveva convissuto per tanti mesi con un ordigno, usato come martello, strofinato e lucidato continuamente, si riversò in strada e tornò a casa solo quando fu sicura che a mazzuleda  ri Vanniniedu  era stata consegnata a chi di dovere.
Non ci è dato sapere come mai questo ordigno non fosse esploso, o era difettoso, o nonostante i maltrattamenti, nessuno mai aveva, sia pure per sbaglio, tirato la sicura!

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