Salvatore Puccio e l’arte dell’incisione nelle stampe sacre: un primo, importantissimo incontro, a Chiaramonte

Si è svolto sabato 11 dicembre presso la Biblioteca comunale di Chiaramonte un importante e interessante incontro, il primo nel suo genere, dedicato ai Puccio di Chiaramonte, in particolare alla figura di Salvatore Puccio, e all’arte dell’incisione nelle stampe sacre. Era la prima volta che un in contesto pubblico, con illustri ospiti, si è parlato di arte dell’incisione, sia da un punto di vista storico che tecnico e nello specifico, dell’arte della famiglia Puccio di Chiaramonte, vissuti fra il XVIII e XIX secolo, personaggi ancora relativamente poco conosciuti, se non da un pubblico specialistico, e che meriterebbero di entrare a pieno titolo nella storia della Sicilia e non solo.


L’incontro, organizzato da Giovanni Cannata, appassionato d’arte e di storia, ha visto il coinvolgimento d’eccezione.

A introdurre i lavori, il professor Giuseppe Cultrera, storico chiaramontano, già autore di importanti pubblicazioni di arte, letteratura, cultura popolare della Sicilia e dell’area Iblea.
A lui, il compito di delineare la figura dei Puccio di Chiaramonte, in particolare del capostipite, Salvatore Puccio, artigiano che possedeva una bottega a Chiaramonte e che diverrà l’artigiano più richiesto da committenze religiose e laiche e che sfornerà oltre un centinaio di lastre inondando di immagini sacre i comuni dell’area iblea.

Non ci sarà comitato di festeggiamenti religiosi, o confraternita, o rettore di santuario che non farà uso della maestria di Don Salvatore Puccio. Fra i suoi figli, hanno seguito l’arte paterna Giuseppe e Bonaventura, anche se con risultati non così importanti come quelli del padre. I Puccio finirono la loro vita in miseria ed erano dediti a mille mestieri, oltre a quello delle incisioni delle immagini sacre, per poter sopravvivere.


interessantissimo anche l’intervento del professore Luigi Lombardo, già docente della facoltà di scienze della formazione all’università di Catania, che si è occupato dell’aspetto antropologico delle stampe sacre. Il professor Lombardo, che ha collaborato alla nascita della casa museo di Palazzolo Acreide, ha organizzato diverse mostre etnografiche. Si è sempre dedicato alla ricerca storico-archivistica e a quella demo-etno antropologica e ha all’attivo diverse pubblicazioni di saggi e storia antropologica. Il suo intervento ha spiegato proprio la dimensione antropologica delle stampe sacre: qual era, insomma, il senso che esse avevano nella cultura popolare, la loro funzione e perché, soprattutto, erano così diffuse.


Infine, l’attesissimo intervento della dottoressa Loredana Amenta. Al contrario di tanti giovani siciliani che scappano dalla nostra terra per cercare fortuna altrove, la maestra Amenta ha scommesso sul proprio futuro, aprendo una stamperia d’arte nel centro storico di Scicli, una delle poche rimaste in Italia. Dopo aver frequentato l’accademia delle belle arti di Catania e aver conseguito un master di stampatore-incisorre a Firenze, ha aperto lo studio dove ha collaborato con il maestro Piero Guccione e diversi artisti di fama internazionale e nazionale. Il suo intervento ha spiegato le fasi di realizzazione di un’immagine sacra con la tecnica del bulino e dell’acquaforte, ovvero partendo dall’incisione della lastra di metallo alla stampa al torchio. Un lavoro minuzioso, di grande precisione, che porta a risultati straordinari.

A fine incontro, la dottoressa Amenta ha donato al comune di Chiaramonte delle incisioni calcografiche di sua realizzazione per essere collocate presso il museo d’arte sacra di Chiaramonte. Una delle lastre, tra l’altro, proviene dalla collezione di padre Salvatore Curatolo, nello specifico quella di Santo Spiridione, vescovo Taumaturgo. Il sindaco di Chiaramonte, Sebastiano Gurrieri, dopo aver accolto l’invito affinchè in futuro si possa rendere omaggio a Salvatore Puccio e alla sua arte, magari istituendo un laboratorio di arte incisoria a Chiaramonte, ha ringraziato la dottoressa Amenta per il gentile dono e tutti i presenti per aver dato voce a chi una voce, storicamente, ancora non ce l’ha.

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