QUANDO LA LUCE REGALA UNA MEMORIA NOSTALGICA

Sul filo della commozione e di un amarcord fatto di immagini e di sensazioni è stata inaugurata ieri sera, nella sede della Fondazione Grimaldi, la mostra fotografica ( inserita nel programma un “Canto di Luce) di Giovanni Chiaramonte dal titolo esemplificativo: “ Dolce è la luce . Gioia per gli occhi la visione del sole.

La mostra, composta da trentasei fotografie datate alla fine degli anni Novanta, ricompone un viaggio evocativo attraverso alcuni luoghi della Sicilia centro occidentale: le immagini di Giovanni Chiaramonte, e le poesie di Umberto Fiori, conducono una riflessione sul destino dell’uomo e della civiltà.

 A introdurre la mostra è toccato al presidente della Fondazione Grimaldi, prof. Giuseppe Barone, e a Sebastiano Favitta direttore della Galleria Ghirri che ha sottolineato il valore dell’amicizia che sta dietro ogni “fare umano”.

Il critico Pippo Pappalardo, tra i più apprezzati a livello nazionale, ha invece posto l’accento sul realismo delle immagini (e non solo quelle di Chiaramonte), mentre nella sua introduzione il professor Sichera ha chiarito gli aspetti più metafisici della fotografia di “questo fotografo, tra i più noti a livello internazionale e che è un onore avere tra noi, a Modica. In questa mostra “Dolce è la luce” c’è solo disponibilità, la consapevolezza profonda che la salvezza possibile non è affidata alla sicumera dei benpensanti ma solo alla compassione silenziosa dei compagni di strada”.

Il Sindaco, Antonello Buscema ha così chiuso gli interventi: “Siamo davvero grati al maestro Chiaramonte per aver scelto Modica come sede della sua mostra. Perché questa nostra città sta vivendo in questi giorni una serie di appuntamenti di grande spessore: dall’apertura dell’archivio Quasimodo, all’intervento in videoconferenza di Dario Fo, all’evento che sabato sera illuminerà Modica grazie alle Luminarie di migliaia di bambini. Questo sta a significare che l’intento di questa amministrazione è sempre stato, e sempre sarà, volto a costruire cultura miscelando sapientemente gli aspetti più alti (ma non elitari) e quelli più popolari (ma non qualitativamente scadenti). Solo facendo cultura in questo modo, dal basso, si cresce, si coinvolge il popolo (parola dimenticata come diceva il maestro Chiaramonte), nella costruzione e nella fruizione della bellezza, attraverso il ricorso a una lingua comune: la lingua dell’uomo. Che anche oggi, da queste immagini, risalta in tutta la propria forza, perché sia messa a disposizione delle future generazioni”.

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it