INTERVISTA AL DOTTOR NICOLA FATTIBENE

Oggi 22 aprile sono è iniziato il Film Festival MontagnAmbientEnergia e proseguirà il 23 e 24. All’interno della manifestazioni molti sono gli agganci interessanti al mondo dei ragazzi delle scuole elementari medie inferiori e superiori e università. Tra queste, una iniziativa trattava delle piante aromatiche con un simpatico gioco didattico: indovinarne il nome attraverso l’aroma delle foglie di alloro, menta, timo, salvia, rosmarino e basilico, chiusi dentro bicchierini bianchi e col coperchio forato. Gli alunni dovevano individuare di quale pianta si trattava e abbinarla con un’altra analoga. I ragazzini si sono molto divertiti e  erano  impegnatissimi a trovare la risposta giusta. Alla fine di ogni pianta venivano dette curiosità e usi sia in cucina e per esempio in medicina.  Questo laboratorio è stato presentato dall’ Associazione  Slow Food e di questa parlo attraverso un’intervista al dott. Nicola Fattibene.

Dottor Fattibene, cos’è Slow Food?

È un’associazione internazionale fondata da Carlo Petrini, piemontese, nel 1986. Nata per scoprire e salvaguardare il buon cibo sia italiano che internazionale.

Qual è lo scopo dell’associazione?

È quello di salvaguardare le tecniche di produzione tradizionali, le filiere produttive, i contadini, i pescatori,.. e, insomma, tutti  mestieri tradizionali riguardanti il cibo.

E quale ricaduta avete riscontrato?

Slowfood è stato in grado di incontrare il bisogno delle persone in tutto il mondo, di reagire all’industrializzazione  spinta, per proteggere la cultura  alimentare identitoria delle singole comunità.

La cultura alimentare come si divulga? E voi in particolare?

Mettendo in contatto la comunità con i produttori e i ristoratori che condividono i frutti  della propria terra. Prodotti ottenuti con coscienza, competenza e ‘saperi’ tradizionali.

Che mi dice degli anticrittogamici ancora utilizzati in Italia?

Gli anticrittogamici sono un grosso problema, perché sono figli dell’industrializzazione delle culture. La più grande lotta all’anticrittogamico la si può fare con la biodiversità, ossia  la varietà di coltivazioni nello stesso posto, quindi essere, in questo modo, affini e rispondenti alla natura.

Nelle nostre campagne sono in aumento o in calo questi veleni?

Sono sempre troppo presenti! Negli ultimi anni sempre più persone capiscono  che si tratta di veleni che  finiscono sulle nostre tavole.

So che spesso e volentieri sono i consorzi che obbligano  il coltivatore a usare questi prodotti. A suo parere, come se ne viene fuori da questa situazione?

Se ne esce solo formando e riformando il modo di affacciarsi alla produzione  agricola e l’attività principale di Slow Food è promuovere coscienza e conoscenza alimentare, a promuovere i livelli della produzione e conservazione.

Dal secolo scorso in molti stati  hanno promosso la monocultura e la cultura intensiva, causando enormi danni. Sono andate perse una enorme quantità di varietà di piante. Come pensate di rimediare?

Diciamo che non tutto è perduto. Negli anni, tanti agricoltori hanno avuto il coraggio di opporsi alle industrie sementiere, per esempio, e hanno conservato piante, semi, tecniche e quant’altro. La nostra associazione cerca di creare rete tra queste persone dando loro anche i mezzi mediatici per far sentire la propria voce. Infatti come detto sopra, la monocoltura si spezza  con varietà agricole, specie antiche, resistenti alle malattie “fitosanitarie”.

Per cercare altre informazioni  dove ci si può rivolgere?

Sul nostro sito: www.slowfood.it e in più Slowfood è presente un po’ dappertutto nel mondo e per diventare parte attiva  di questa lotta a recuperare  la nostra identità gastronomica si può cercare anche tramite il sito, la condotta  più vicina a chi cerca.

Come mia abitudine le chiedo un detto o una frase per i lettori di RagusaOggi…

Le cito il nostro motto: BUONO, PULITO, GIUSTO.

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