IL LEGAME DEL VINO CON IL TERROIR

Il rapporto tra la vite e il terroir è molto più profondo di quanto si creda, poiché dalle sue caratteristiche la vite beneficerà o meno di certi fattori che determineranno il risultato finale, ossia il vino. Il concetto di terroir è però molto articolato e non coincide solo con la composizione del terreno, sebbene quest’ultima faccia parte del concetto molto più ampio di terroir.

Un terreno caratterizzato da grandi quantità di calcare misto ad argilla conferirà vini molto colorati, profumati, di struttura, bassi in acidità e con un buon potenziale di invecchiamento. Invece se il terreno sarà ricco in calcare, ma con una buona presenza di sabbie, darà vini di poco invecchiamento. Un terreno quasi esclusivamente argilloso, invece, sarà adatto alle uve a bacca rossa, che porteranno a vini molto colorati, morbidi e abbastanza longevi. Se al contrario, il terreno è quasi esclusivamente calcareo, ci si può aspettare una produzione di grande qualità. Mentre un terreno in gran parte sabbioso darà vini poco colorati e di media struttura.

In un terreno ricco di mineralità, come le terre rosse, che sono ricche di ferro, il vino potrà godere di una buona componente minerale sia olfattiva sia gustativa. Lo stesso vale per i terreno scistosi, con però una mineralità di diverso carattere.

Terreni ricchi di ciottoli o ghiaia si addicono a quelle zone territoriali che tra il giorno e la notte presentano forti escursioni termiche. Questo perché i ciottoli trattengono il calore durante il giorno e lo rilasciano durante la notte, attenuando così lo shock termico a cui andrebbe incontro la vite e i grappoli di uva. I vigneti, in terreni di questo tipo, presentano in genere filari molto bassi, in modo da tenere i grappoli il più basso possibile, in modo da poter beneficiare del calore notturno rilasciato dal terreno.

Vanno, però, tenuti presenti altri fattori, che incidono sul risultato finale e che fanno sempre parte del concetto di terroir. Primo fra tutti l’andamento climatico, che incide tantissimo sull’acidità del vino. Temperature troppo elevate riducono notevolmente l’acidità del vino e di conseguenza riducono anche la longevità del vino. Una buona escursione termica tra giorno e notte garantisce la presenza nel vino di componenti olfattive, soprattutto nei vini bianchi. La presenza di venti forti, nonostante il terreno possa essere eccellente, compromette fortemente il prodotto finale, fino al punto da poter uccidere la vite stessa. Lo iodio è, nella maggior parte dei casi, deleterio per la vite, così come l’eccessiva umidità.

Ancora un altro fattore, però, influenza il prodotto finale: il tipo di vite. Un tempo il tipo di terreno e il clima erano considerati presupposti sufficienti per valutare la possibilità o meno di coltivare la vite, o, quanto meno, così era in Italia. Oggi, con le maggiori conoscenze che si hanno sui vari tipi di vitigni, si può affermare che il vitigno riesce a incidere moltissimo sul prodotto finale. Un esempio può essere il grillo, vitigno che non soffre assolutamente lo iodio e permette così di coltivarlo in zone costiere, dove altri vitigni o darebbero risultati mediocri o direttamente non sopravvivrebbero. Altro esempio è il nero d’Avola, che predilige i terreni calcareo – argillosi o argillosi, da cui trae mineralità, rispetto ai terreni vulcanici, dove dà risultati mediocri. Oppure il nerello mascalese, che si trova a suo agio solo su terreni vulcanici.

Il rapporto vite e territorio è molto più complesso di quanto si creda ed è anche poco prevedibile, poiché sono tanti i fattori che influenzano il prodotto finale. In Italia noi usiamo il termine territorio, ma è un termine incompleto. Ecco perché è stato adottato il termine terroir, con il quale i francesi indicano non solo la composizione del terreno e il clima, ma anche il vitigno e il lavoro dell’uomo. Proprio l’ingegno dell’uomo permette spesso di coltivare dove altrimenti non sarebbe stato possibile.

In Sicilia, un esempio dell’ingegno dell’uomo applicato alla viticoltura sono i vigneti ad alberello nell’isola di Pantelleria. I venti costanti dell’isola, che bruciano qualsiasi pianta, hanno costretto l’uomo a scavare conche dove piantare poi le barbatelle, in modo da metterle al riparo dai venti.

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it