G I U L I A N A

 

La bravura di un medico sta proprio nel saper valutare con le nuove tecnologie e in tempi rapidi la reale dimensione del male, soprattutto quando è noto che la paziente ha subito un intervento chirurgico al seno per l’asportazione di un nodulo maligno.

Per un oncologo più attento sarebbe stato logico ed elementare fare eseguire un “Total Body”. Questo esame avrebbe evidenziato chiaramente e in maniera ingrandite le zone intervertebrali a strati, non rilevabili con le normali stratigrafie. Tutto ciò avrebbe permesso, altresì, non solo di scoprire tempestivamente il processo tumorale in atto ma di poter iniziare subito una terapia adeguata. Giuliana sicuramente, trovandosi ancora in uno stato organico più che buono, avrebbe potuto tollerare meglio gli effetti collaterali di una chemioterapia.

Non è giusto che tali medici, pur sbagliando, non debbano pagare la propria superficialità. Essi nascondono il proprio errore dietro la semplice giustificazione: “Non c’era nulla da fare, il male era incurabile”.

E questo è successo proprio a Michele. Quando da solo si è recato a Milano per far esaminare all’oncologo le lastre della TAC, consigliati da un amico ortopedico e non da lui, lo specialista non solo ha ripetuto la frase di cui sopra, ma ha anche incassato, senza battere ciglia, la sua ricca parcella cercando di non rilasciare la ricevuta che ha fatto, solamente, diversi mesi dopo.

 Il 30 novembre Giuliana e Michele hanno festeggiato il loro 26° anniversario di matrimonio con una cena al ristorante “WORLD TRADE CLUB” in cima alla Torre Shipping di San Benigno, nella zona del Porto Vecchio di Genova. Poco prima, con i risultati della Tac, Giuliana era stata visitata da un primario di Genova il quale aveva diagnosticato inesorabilmente il cedimento di due vertebre rimaste danneggiate in maniera irreversibile. Queste, spingendo contro il midollo spinale, non solo erano la causa del dolore alle spalle, lamentato in precedenza, ma avrebbero, da un momento all’altro, potuto provocare una paralisi. Così, proprio quel giorno, che doveva essere di gioia e di felicità, hanno avuto invece il ben servito.

Giuliana indossava una tuta di seta nera che fasciava il suo meraviglioso corpo e quando sono entrati nel locale, tutti i presenti sono stati lì ad ammirarla. Non conoscevano il loro dramma, lei faceva la grande donna, ma dentro Michele la sentiva piccina, molto piccina col suo grande cuore infranto, deluso e avvilito. Giuliana, nella sua grande bontà, non poteva concepire che una punizione così grande, avesse potuto colpirla nel momento in cui avrebbe dovuto raccogliere i frutti dei suoi sacrifici. Non poteva riuscire a capire questa nuova dimensione della vita e Michele era lì, per cercare di tenere assieme quei cocci che gli stavano scoppiando dentro. Dall’alto di quella torre guardavano le mille luci della città e il faro di Genova, proprio lì sotto, imperversava con quel bagliore discontinuo in cerca di marinai perduti.

Chissà quante storie hanno avuto come testimone il vecchio faro che adesso illumina anche questa, triste e malinconica. Il buffo della vita è che non può prestare loro alcun soccorso. Eppure, per quella lanterna, raffigurata su un dipinto a olio, Giuliana era stata premiata col “San Giorgio” in Carignano. Lei l’aveva dipinta così come la vedeva, maestosa e piena di luce ma circondata da un mare scuro, vorace, torbido, ostile, pronto a ghermire la sua preda in maniera infida.

Quella sera i camerieri sono stati meravigliosi con lei, e il direttore ha voluto festeggiare il loro anniversario, offrendo una bottiglia di “Moet Chandon”. La serata passò veloce come il pensiero, come la fantasia, forse perché lei aveva il potere di fare impazzire anche il tempo.

Le giornate che seguirono furono sempre più nere, lei cominciò a uscire sempre di meno, perché i dolori la tormentavano e la costringevano a letto. Solo grazie alla sua vitalità si alzava e preparava qualche buon pranzetto per i suoi cari.

Per calmare i dolori Giuliana era passata dalle semplici compresse, alle iniezioni di “voltaren”, aumentando progressivamente le dosi. Michele non si dava pace, doveva fare qualcosa prima che gli sfuggisse la situazione di mano. Le sue ricerche lo portarono a Marsiglia dove, aveva saputo, c’era uno specialista molto bravo che operava alla colonna vertebrale. Egli eseguiva, normalmente, la laminectomia decompressiva, cioè riusciva a inserire lungo la colonna vertebrale delle lamine di acciaio che, nel caso specifico di Giuliana avrebbero potuto sostituite le due vertebre invase dalla metastasi, salvando così la vita della paziente. Michele organizzò il suo viaggio in maniera da ritornare a Genova lo stesso giorno, non voleva lasciare la sua Giuliana più del necessario. Il suo, rappresentava il viaggio della speranza.

Rinnovò la sua carta d’identità, e il giorno seguente partì prestissimo per trovarsi puntuale all’appuntamento fissato col dr. Luis. Il viaggio non finiva mai, la sua mente era sommersa da pensieri terribili e da un senso di solitudine distruttiva che gli attanagliava il cuore. Si sentiva inerme e abbandonato in questa battaglia contro il tempo e contro la vita. Dopo essere stato tanti mesi a soffrire accanto alla sua Giuliana, ora, per la prima volta, si trovava da solo con un problema enorme che lo schiacciava.

Nessuno poteva aiutarlo, neanche Dio che non riusciva più a pregare. Il treno, inesorabile lo stava conducendo da un altro medico e aveva paura del suo responso perché ogni volta sentiva demolire un pezzo della sua vita. Michele, guardando dal finestrino, rivide le spiagge e i luoghi (Nizza, Juan-les Pins, S. Raphael) dove assieme al suo amore era stato appena dieci mesi prima. Improvvisamente fu colto da un  forte pianto, aveva voglia di gridare, di urlare al mondo intero la sua rabbia e in quel momento ha desiderato uscire dalla scena, diventare un pazzo, vivere nel mondo del silenzio là dove tutto si annulla.

Per questo suo atto di vigliaccheria, dentro di se chiese perdono alla sua Giuliana che, proprio ora, aveva tanto bisogno di lui.

Il prof. Renè,  dopo aver esaminato le lastre e la TAC, esclamò: “Peccato!” e aggiunse subito “perché questa non è stata eseguita prima?” E senza girare attorno al problema, nella più cruda realtà e con stizza continuò “sicuramente una TAC fatta tempestivamente  ci avrebbe permesso d’intervenire subito con risultati migliori. Oggi è troppo tardi, le vertebre sono mal ridotte e l’intervento servirà a eliminare il dolore e a ridurre il rischio di una paralisi, in questo modo non posso garantire molto”.

Il medico prima di congedarlo gli raccomandò di fare presto.

“Le darò una risposta domani, dopo aver parlato con mia moglie”, disse Michele.

Era distrutto, sentiva la sua vita finita, arrivata al capolinea come l’ultima corsa di una corriera che andava al deposito per essere messa in disuso. Il viaggio di ritorno è stato molto difficile, lui era senza reazioni, senza stimoli, senza un briciolo di volontà.

Aveva dimenticato tutto, non sapeva dove stava andando e da dove veniva.

In questa sua semi incoscienza, mille pensieri si sovrapponevano a vuoti incolmabili.

A Marsiglia, Michele e Giuliana si erano recati in due occasioni. La prima volta, era stata nel Dicembre del 1963, di ritorno dal loro viaggio di nozze a Palma de Mallorca,

erano arrivati in Hotel molto tardi ed hanno cenato in camera. Michele è stato subito inebriato dal profumo della sua donna meravigliosa e si è perso nelle pieghe più profonde del desiderio puro, dell’amore più vero. La loro fusione, in un solo corpo e in un solo spirito, è stata perfetta. E quando due persone si amano, il dopo è ancora meglio, perché i due corpi si toccano, si sfiorano nell’abbandono più naturale.

A Pasqua del 1989 è stata la seconda volta. Avevano preso una “dependance” presso il Residence “Il Campanile Verde” a Vitrolles, in una pineta vicino a Marsiglia.

In quell’occasione Michele ricorda un episodio che mette in risalto la figura e la bontà della sua donna. Mentre pranzavano, una delle cameriere chiese a Giuliana se il suo profumo, cosi speciale, fosse il famoso “Chanel numero 5”. Lei spiegò che si trattava di una colonia prodotta a Genova e che sulla sua pelle assumeva quel particolare profumo.

Ebbene, prima della loro partenza lei regalò la sua bottiglina di colonia alla ragazza del ristorante che restò senza parole e con gli occhi lucidi.

Ora il destino crudele, per la terza volta, li riportava ancora a Marsiglia per la loro triste storia.

Quella sera, appena Michele rientrò a casa, prima ancora che potesse parlare, Giuliana subito disse: “Michele, dobbiamo andare a Marsiglia, vero? Quando si parte?” Michele non ha resistito e si è dato a un pianto dirotto, come fa un bambino quando crede di aver subito un’ingiustizia, come fa l’adulto quando è convinto di perdere la sua cosa più cara.

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