CIRCOSTANZIATO RAPPORTO DI UN PAZIENTE AI VERTICI DELL’ASP

Siamo arrivati al Pronto soccorso dell’ospedale di Ragusa con mio padre che stava male, il 31 dicembre 2012. Dai controlli effettuati è emerso che aveva avuto degli episodi sincopali ed è stato ricoverato presso il reparto di cardiologia. All’arrivo è stato preso in carico da un medico che ha ritenuto che fosse indispensabile un intervento alla carotide che otturandosi metteva a rischio la vita del paziente.

L’ intervento viene eseguito il 2 di gennaio. Tutto benissimo, almeno a parere dello stesso medico che dimette mio padre, malgrado le mie perplessità il 3 di gennaio 2013 alle 8.00 del mattino. Mio padre non sta bene. Il giorno successivo chiamo in reparto. Visita mio padre il primario che guardandogli unghie decide che sta così male perché ha bisogno di flebo di ferro. Nessun esame è stato fatto a supporto di quanto prescritto. Torniamo a casa con mio padre che ha qualche linea di febbre e iniziamo immediatamente la terapia ma gli facciamo anche fare un esame del sangue che evidenzia  la mancanza di ferro ma anche un numero elevato di globuli bianchi che come ci spiega il medico di famiglia è indicativo di un’infezione in corso. La situazione precipita la domenica 6. Arriviamo con un’ambulanza del 118 con mio padre in piena crisi respiratoria e febbre alta. Lo riportano all’utc. Iniziano la terapia e sembra che vada bene almeno fino a domenica sera alle 21 quando lo lasciamo convinti che sarebbe stato dimesso il giorno successivo. Arriviamo lunedì mattino alle 7,45 e rroviamo la porta della stanza chiusa. Mio padre delirante e dissociato con febbre 40. Chiamiamo l’infermiera che chiede a noi quando ha iniziato a stare male. Alle nostre rimostranze ci è stato risposto A: che il paziente non ha suonato il campanello. B) che noi lo avevamo lasciato senza assistenza, questo in un reparto dove i parenti sono ammessi solo per alcune ore. Per oltre un’ora e malgrado le nostre richieste nessun medico è intervenuto, c’era in corridoio un medico che è stato da me costretto a intervenire. Per descrivere le condizioni in cui ha trovato mio padre credo di non trovare parole. Glicemia zero. Pressione zero. Non riconosceva nessuno. Ho chiamato il primario che mi ha pregato di tenere il tono della voce basso in quanto non era obbligato ad ascoltarmi essendo in ferie dal primo gennaio e in pensione dal primo marzo e che era presente in reparto solo per fare una cortesia all’azienda. Non ho parole nemmeno per descriveri i fatti accaduti nei giorni successivi quando ho chiesto che cambiassero di reparto mio padre. Per trasportarlo altre urla. C’era l’ambulanza ma non l’infermiere. Ho chiesto al un medico presente in reparto di salire lui sull’ambulanza o in alternativa un infermiere del reparto e finalmente andiamo via. Oggi mio padre è ancora ricoverato presso il reparto di malattie infettive e malgrado ogni giorno sia stato un dono di Dio viste le condizioni con cui c’è arrivato si è aperto un altro mondo. Infermieri disponibili e che fanno il loro lavoro. Medici con cui si può parlare ogni momento della giornata e un primario presente in reparto solo perché è il suo lavoro e non per cortesia all’azienda.

Aspetto risposte da questo reclamo che invio per conoscenza anche a lei

Lettera firmata

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