Chiediamo un trasporto pubblico efficiente, ma evitiamo quel poco che abbiamo

All’incirca Copenhagen ha lo stesso numero di abitanti di Palermo. Nella capitale danese la metropolitana non chiude mai. Se qualcuno si alza alle tre di notte per andare dove vuole, trova sempre un treno che lo porterà a destinazione. Esattamente come a New York, che di abitanti ne ha quasi nove milioni. A Londra, Berlino e Monaco di Baviera le metropolitane restano aperte senza sosta nei fine settimana, dando la possibilità a chi esce di rientrare a casa in sicurezza, anche se ha bevuto qualche birra di troppo. Nella lontanissima – in tutti i sensi – Perth, i bus in centro sono gratis, misura che tende a decongestionare il traffico. La metropoli australiana ha oltre 2 milioni di abitanti.  

Guardando la fine che sta facendo l’Ast, Azienda trasporti gestita dalla Regione Siciliana, ci si domanda: “Perché non abbiamo un servizio di trasporto pubblico efficiente?” Non dico come nelle città di cui sopra, molto più grandi e con esigenze diverse già a partire dalla grandezza. La metropolitana neanche l’abbiamo. In realtà, è soltanto da 28 anni che ne attendiamo una a Ragusa, “di superficie”, da quando cioè l’allora sindaco Giorgio Chessari fece fare un giro in littorina ai giornalisti sull’ipotetico tracciato. L’opera è stata finanziata, ma siamo ancora in attesa di sapere qualcosa sulla progettazione definitiva. Un altro caso in cui la nostra speranza sfiora lo stoicismo. A Catania la metro ha allungato le fermate e i risultati finalmente si vedono.

Spesso i pochi servizi di cui disponiamo nel settore lasciano a desiderare: orari scomodi per non dire assurdi, stazioni ferroviarie con un servizio informazioni lasciato a una voce registrata e dove dobbiamo sperare di sentire la campanella per capire che un treno sta per arrivare; fermate di bus che riparano dal nulla, sole o pioggia che siano, senza una tabella elettronica degli orari; chi atterra a Comiso deve affidarsi al buon cuore di parenti o amici, altrimenti resta lì. Ci sarebbe il taxi ma è per pochi, purché muniti di banconote.

Noi, però, quando parliamo di trasporti pubblici abbiamo un altro problema. Diciamo la verità: se vediamo qualcuno salire su un bus, lo prendiamo per sfigato. Una persona senza auto, con pochi soldi a disposizione, orfana e senza amici. Perché il nostro unico mezzo di locomozione di riferimento è l’auto. In media, ne abbiamo due per famiglia, ma solo se i figli sono sotto i 18 anni. Al conseguimento dell’età patentabile, il numero di auto in famiglia aumenta quasi automaticamente. Non importa se bollo e assicurazione costano un botto. Non importa se infiliamo anche loro nell’imbuto del nostro traffico. Cosa facciamo? Non diamo ai rampolli la stessa possibilità che hanno i coetanei? Complici strade a saliscendi, abbiamo bisogno del nostro mezzo privato e poco importa se a Bolzano, dove le salite non mancano, un abitante su due va in bicicletta. A Vittoria e ad Acate si potrebbe fare, però chi riuscirebbe a pedalare tra Ibla-Ragusa Superiore, oppure solo il corso Italia in salita, tutti i giorni?

Avremmo bisogno di un maggior numero di bus, attualmente pieni soltanto nel periodo scolastico e negli orari di andata e ritorno degli studenti fuorisede, o quando siamo costretti a prendervi posto durante manifestazioni in alcuni dei nostri centri storici. Con questi presupposti, qualsiasi società di trasporto fa fatica a chiudere i bilanci in pareggio, anche in presenza dei contributi previsti.
Per avere un trasporto locale degno, i mezzi pubblici invece dovremmo iniziare a prenderli. Come quando andiamo in una grande città, a cambiare innanzitutto dovrebbero essere le nostre abitudini. Prendiamo l’auto anche per fare poche centinaia di metri, mentre a Roma, Milano e Torino facciamo chilometri a piedi per prendere un tram. A Modica un parcheggio costruito a poche centinaia di metri dal cuore della città chiude in breve tempo ogni qual volta che riapre con vana speranza, perché ritenuto scomodo. Scomodo!
Nel gioco dell’offerta e della domanda del trasporto pubblico locale, dovremmo sovvertire quanto fatto finora e aumentare la seconda voce. Altrimenti la prima rimarrà uguale a ora: inutile. E noi continueremo a lamentarci.

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