ANCHE NELLA DEBOLEZZA UN UOMO PUO’ ESSERE GRANDE

Anche nella sua serata di chiusura, si rivela vincente la scelta delle piece rappresentate sul palco della manifestazione “Kaucana Art” Dal “Rosario” di Federico De Roberto, portato in scena dalla compagnia del teatro Iaia al “Decamerone” della compagnia Moliere, con Debora Caprioglio, Gli “Argonautti” con Virgilio Gazzolo, e poi “l’altro Anfitrione”, “Sausizza e Sinapu” fino ad arrivare, con ieri sera ai “150 Anni di Unità d’Italia visti dalla Sicilia” recitati da Ciccio Schembari “Intellettuale rampante” accompagnato da Fabrizio Arestia, alla fisarmonica, Fiammetta Poidomani voce, chitarra bouzouki e Serena Poidomani, voce. Gli attori, tutti, hanno avuto la bravura di coinvolgere il variegato pubblico che ha fatto registrare il tutto esaurito. Ieri sera, Ciccio Schembari, e il suo gruppo hanno continuato a coinvolgere tutti nel racconto dei “150 di Unità d’Italia”

I brani di Ignazio Buttitta, di Vincenzo Rabito, ma anche il finale con le poesie di Giacomo Leopardi, il poeta triste che per Schembari aveva dono di previggenza. Ha visto già tanti anni fa le cose successe oggi e di cui noi ancora non ci rendiamo conto e Jorge Luis Borges, hanno saputo rendere omaggio agli eroi di guerra, rendondoli nel frattempo “umani” Dall’omaggio ai ragazzi del “1999”ultimi soldati a partire per la grande guerra, al ricordo di un vecchio ragazzo della seconda guerra mondiale, quando ricordava il fragore delle bombe, il cuore che batteva per Carolina, figlia del cavaliere del tempo ma anche il mal di pancia che lo ha portato fuori dalle grotte a guardare dal buco della porta il cielo illuminato a giorno dalle bombe. Ricordi e poesie che partono dalle guerre, passano dal boom economico per arrivare ai nostri giorni. Azzeccate le musiche che hanno accompagnato in modo armonioso tutto lo spettacolo. Belle le voci di Fiammetta e Serena Poidomani. Da raccogliere l’ultima parte dello spettacolo: Abbiamo sperimentato, bene o male, la libertà. Abbiamo sperimentato l’uguaglianza. Non abbiamo ancora dato voce alla fratellanza che è quella cosa che “si tu t’appuoggi a mia e iù m’appuoggiu a tia, mancu si n’ammutta a cura i drunara, ni fa cariri”.

 

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