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I due giovani morti erano insieme su monopattino. Scontro con auto
25 Ago 2024 19:11
Sono due giovani tunisini, di 22 e 25 anni, le vittime dell’incidente stradale che si è verificato ieri sera, poco dopo le 20, lungo la strada provinciale che da Scoglitti conduce Gela, in prossimità di Costa Esperia.
I due giovani sono stati identificati grazie ai documenti. Uno dei due è già stato riconosciuto da parenti e amici, per il secondo si attende ancora il riconoscimento ufficiale.
I due giovani non risultano censiti e residenti sul territorio nazionale. Erano probabilmente in attesa di un permesso di soggiorno. Pare abitassero ad Acate.
I due giovani andavano in direzione di Gela, con tutta probabilità avrebbero poi imboccato la strada per Acate. In direzione opposta proveniva un ventitreenne che vive e lavora a Gela, che lavora come operaio in una fabbrica. L’impatto tra i due mezzi è stato tremendo e ovviamente non ha lasciato scampo ai due giovani tunisini che – privi di qualunque protezione – sono stati sbalzati sull’asfalto. Le loro condizioni sono apparse subito molto gravi. Sono stati caricati in ambulanza e trasportati uno in ospedale a Vittoria, l’altro a Ragusa. Per entrambi però non c’è stato nulla da fare. Sono morti lungo il tragitto a causa delle gravi ferite riportate.
I rilievi sono stati effettuati dalla Polizia municipale di Vittoria e coordinati dall’ispettore Salvatore Molè. Si dovrà ricostruire la dinamica e le cause dell’incidente, o forse – sarebbe il caso di dire – le concause. I monopattini non possono essere utilizzati fuori dal perimetro urbano e non si può viaggiare in due, in piedi, su un solo monopattino. Quel tratto di strada è molto buio e diventa difficile accorgersi della presenza di un monopattino. La velocità o l’invasione dell’altra corsia da parte di uno dei due mezzi sono altri elementi che potrebbero aver avuto un ruolo fondamentale nella dinamica dell’incidente.
Le due salme sono state trasferite nell’obitorio del cimitero di Vittoria in attesa della determinazione del magistrato.
Francesca Cabibbo
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