NIENTE SCHIUMA SULLA BIRRA, SIAMO ITALIANI

Fino a pochi anni fa, in Italia, era molto difficile imbattersi in un locale dove si potessero consumare non solo birre di qualità, ma birre servite nel modo corretto. Questo perché il consumatore italiano ha sempre considerato la schiuma della birra come un fattore molesto, diffondendo in questo modo l’abitudine a consumare questa bevanda direttamente dalla bottiglia o, quando nel bicchiere, senza schiuma o, nella migliore delle ipotesi, con un filo appena .

Il motivo o i motivi che hanno portato a questo uso sono svariati, ma certamente, tra questi, rientra l’idea che la schiuma sia la principale responsabile del gonfiore della pancia provocata dalla birra. Un’idea abbastanza bizzarra, visto che  responsabile del gonfiore provocato dalla birra è l’anidride carbonica, che è comunque presente in questa con o senza schiuma. Anzi, con la formazione della schiuma una parte dell’anidride carbonica si disperde.

Il problema del gonfiore di pancia, dovuto al consumo di birra, è inevitabile. Si possono, però, adottare certi accorgimenti, per evitare un eccesso di questo fastidioso problema. La prima regola è di non consumare la birra, bevendo direttamente dalla bottiglia. La seconda è di servirla in un bicchiere adatto, lasciando che si formi una moderata quantità di schiuma. Per bere correttamente la birra; bisogna evitare di bere la schiuma, accostando il bicchiere alle nostre labbra e bevendo solo quando si sente di essere giunti, dopo aver superato la schiuma, a contatto con la parte liquida. Questo perché la schiuma deve essere sempre presente fino a quando si arriva al fondo del bicchiere. La terza regola è non bere mai la birra a temperature molto basse. La birra ghiacciata, entrando in contatto con un corpo a temperatura più alta, subisce uno shock termico e tende a liberare una grande quantità di anidride carbonica. È il motivo per il quale, quando serviamo una birra su un bicchiere di plastica, essa tende a formare solo schiuma, mentre, servendola in un bicchiere di vetro, leggermente inclinato, ma soprattutto bagnato con acqua fredda, in modo da abbassare la temperatura del vetro, essa viene spillata correttamente.

La schiuma è una della caratteristiche, che saltano immediatamente agli occhi. Essa deve essere sempre presente, salvo rarissime eccezioni, e in grado di formare un bel cappello sul bicchiere, ma soprattutto deve essere persistente. Mano a mano che si consuma un boccale di birra, la schiuma, calando, deve restare attaccata al vetro. Se questo avviene, possiamo dedurne tre cose: 1) che la birra in questione è stata fermentata a dovere; 2) che è stata imbottigliata da poco e che quindi non si tratta di birra, per così dire, vecchia, che, nel dare  segni di cedimento ossidativi, fa sì che  la schiuma tenda ad essere evanescente; 3) che vi è stata una particolare cura nella pulizia dei bicchieri. Il grasso delle preparazioni, che si attacca sui bicchieri conservati in cucina, non permette alla schiuma di aderire al bicchiere. Anche l’uso del brillantante, che rende i bicchieri sicuramente splendenti, limita tantissimo la persistenza della schiuma. I bicchieri destinati alla birra, così come i calici per il vino, andrebbero lavati a mano, utilizzando detersivi neutri.

Ma perché la presenza della schiuma nella birra è così fondamentale? La birra, come il vino, va incontro all’ossidazione. Rispetto al vino, però, la birra è molto più sensibile a questo problema. Mentre il vino, appena aperto, necessita di essere ossigenato e per far ciò si usa consumare questa bevanda in ampi calici, in modo da permettere una rotazione del liquido e aiutarlo così ad ossigenarsi, per liberare i suoi profumi, che tendono a essere ridotti in una bottiglia di vino appena aperta, la birra, invece, non necessita di alcuna ossigenazione, anzi teme particolarmente l’ossigeno. Ed ecco la particolare funzione svolta dal cappello di schiuma, che serve a proteggere la birra dall’ossigeno.

Il processo di ossidazione della birra è strettamente legato, proprio come nel vino, alla perdita delle componenti dure. La principale delle componenti dure è l’acidità. Un vino o una birra senza acidità tendono a virare verso un colore spento e poco brillante. Il problema della birra è essere povera di suo di acidità; l’anidride carbonica e la temperatura di servizio bassa servono ad ampliare le sensazioni dure. Una birra ossidata perde la sua componente acida e l’anidride carbonica risulta poco presente. Rimane così una bevanda dal colore spento e con una spiccata tendenza al dolce del malto, che non trova un controbilancio nell’acidità accentuata e nel pizzicore dell’anidride carbonica.

Questo ragionamento ci porta inevitabilmente a una conclusione: la birra non è una bevanda da invecchiamento. La birra, infatti, è buona appena prodotta, perché con il tempo tende a perdere anidride carbonica, risultando così stucchevole.

Ci sono però delle eccezioni. Alcune delle birre a doppia fermentazione con grado alcolico piuttosto sostenuto, o particolarmente luppolate (il luppolo è il responsabile della sensazione amara della birra e appartiene di conseguenza alle componenti dure della birra insieme all’acidità e all’anidride carbonica) o a fermentazione spontanea, che le rende particolarmente ricche di acidità, possono sostenere un invecchiamento e evolvere verso note più complesse. Ma generalmente le birre non sono fatte per essere invecchiate e, una volta imbottigliate, è meglio consumarle nel più breve arco di tempo possibile.

Oggi in Italia la cultura della birra si è diffusa tantissimo e anche nei posti più remoti è possibile trovare birre di un certo spessore, servite, anche se non sempre, ma sempre più spesso, nel modo corretto. Si può affermare che al consumatore italiano inizia a piacere la schiuma.