LA NARRATIVA SETTECENTESCA

Un settore importante del romanzo inglese del Settecento è rappresentato dalla narrativa satirica, nella quale si distinguono particolarmente i celebri Gulliver’s Travels (I viaggi di Gulliver, 1726) di Jonathan Swift (1667-1745), scritti nello stile del romanzo d’avventure, che, attraverso l’espediente  narrativo della descrizione del “viaggio” e dell’incontro con esseri di “taglia”  o di natura diversa da quella umana, danno vita ad un severo, anzi spietato, atto d’accusa alla civiltà del tempo.

L’opera di J. Swift, che si considera uno dei massimi scrittori del Settecento, è caratterizzata da un linguaggio semplice e piano, che per questo, evidenzia la forza della sua costruzione fantastica, rendendola  apprezzabile e fruibile a diversi livelli, tanto che i Guliver’s Travels pur  nel loro inquietante e feroce simbolismo, si sono affermati come uno dei più fortunati classici per l’infanzia di tutti i tempi.

Una vena satirica meno agra e più umoristica è presente  nell’opera di Tobias Smollett (1721-1771), che, in particolare in Roderick Random (1748), dà colore alla lunga e farraginosa narrazione con pungenti critiche  alla società.

Da ricordare infine il filone della narrativa “nera”, molto fiorente alla fine del secolo. Il primo di una certa importanza è The Castle of Otranto (Il castello d’Otranto, 1764) di Horace Walpole (1717-1797).

Nel passaggio al nuovo secolo  questo particolare genere romanzesco (chiamato anche “gotico”, per l’ambientazione medievaleggiante) giunse ad una grande popolarità con l’opera di Matthew Lewis (The Monk, Il monaco, 1796) e soprattutto della scrittrice  Ann Redcliffe (1764-1823): i suoi romanzi che ebbero maggior fortuna sono The Mysteries of Udolpho ( I misteri di Udolfo) del 1794, The Italian, or the Confessional of the Black Penitents (L’Italiano, ossia il confessionale dei Penitenti neri), del 1797, sono realizzati con grande  maestria descrittiva, con un elevato senso del ritmo, della suspance e con una raffinata distillazione  degli ingredienti che il romanzo gotico riconobbe subito  come caratteristici e obbligatori, ossia dall’ambientazione inquietante e notturna e con l’ambiguità psicologica dei protagonisti.

Per stendere queste trame, con lo sfondo  di una cupa e generica Italia medievale, saranno saccheggiate  sia le antiche cronache quanto i libri dei viaggiatori e i quadri di Salvator Rosa e di Claude Lorrain, ma senza escludere  le più diverse esperienze letterarie: dal romanzo sentimentale “alla Richardson” al dramma elisabettiano, alla poesia “notturna” di Macpherson e Gray.

Quello del romanzo gotico sarà uno dei filoni più fortunati della narrativa popolare dell’Ottocento, e proprio dalla lezione stilistica di Walpole e della Redcliffe, prenderà avvio, con Northanger Abbey (L’abbazia di Northanger, 1818) la grande esperienza romanzesca di Jane Austen (1775-1817), la maggiore scrittrice inglese del nuovo secolo.

(Terza e ultima parte)