LA GUERRA MEDIATICA

La vittoria del circo mediatico – il trionfo della televisione – il declino della politica

E’ come quando c’è la finale di Coppa Campioni o la tappa di  montagna più difficile del Giro d’Italia: a me, come a molti, della partita, della tappa, della competizione internazionale, di quel fascio di muscoli che corre dietro a un pallone o spinge sui pedali, interessa ben poco. Ciò non toglie che nessuno mi stacca dallo schermo piatto per tutta la durata dell’evento. Perché ?

Perché lo spettacolo non è solo l’azione sportiva, isolata e avulsa dal contesto, ma, piuttosto tutto quello che gira attorno: coreografia, allestimenti pubblicitari, pubblico, commenti, attesa dell’evento, l’aspettativa di quello che mai potresti immaginare.

Allo stesso modo del Berlusconi politico illusionista, cantore di ripetitive e ossessionanti promesse sull’abbassamento delle tasse e sull’aumento dell’occupazione, ormai poco importa. E’ stato bello sognare, ora ci siamo svegliati.

Anche un certo tipo di giornalismo, gridato, esibizionistico, parziale e finalizzato agli avanzamenti di carriera tramite gli scatti dell’audience e dello share, non può ancora richiedere una attenzione esclusiva.

Ma lo spettacolo è stato di altissimo livello, unica a uscirne sconfitta la politica che si è vista relegata in secondo piano, quasi un optional del gossip elettorale, grazie al mancato reciproco rispetto dei ruoli da parte di entrambi i contendenti. In questa parola sta il quibus della questione: si sono fronteggiati non il giornalista e il capo politico, il candidato, il leader, con domande e risposte, ma i due rivali in amore, i due rivali sul posto di lavoro, i due campioni in lotta per il podio.

Ma se la politica è stata oscurata, così non è stato per il circo mediatico e la televisione che hanno vissuto una serata di sfolgorante vivacità, con un turbinio di luci multicolori e di flash accecanti degni della migliore notte degli Oscar.

L’ultima serata di Servizio Pubblico impone di reinterpretare con spirito critico nuovo molte convinzioni ormai consolidate nell’immaginario collettivo dei cittadini che costituiscono l’elettorato attivo di un paese e la platea televisiva.

Tanto per cominciare è tutto platealmente preconfezionto: Berlusconi era stato il giorno prima a Porta a porta, con scelta accurata, si trattava della serata con il più alto ascolto di Rai1, quella con la partita Juventus-Milan, seguita da una media di 8,5 milioni di persone. In contemporanea con Servizio Pubblico, Bersani è andato in onda dopo Don Matteo.

Con dimostrazione di eccelsa strategia, Berlusconi ha polverizzato ogni record, per l’emittente: 8.670.320 spettatori, per uno Share del 33,59% con 15.584.388 persone che hanno seguito almeno un minuto del programma di Michele Santoro ed una permanenza del 55,63% valore altissimo per una trasmissione durata due ore e 47 minuti, che ha raggiunto picchi del 51,48% di share (alle 00:00) e ha sfiorato i 10 milioni di telespettatori nel singolo minuto (9.893.030, alle 22:44). Uno share delle classi economiche e sociali elevate del 45,9% oltre dieci punti più alto della media. Non a caso aveva detto a Vespa che in fondo, nella sua trasmissione, in seconda serata, parlava solo a due, tre milioni di persone. Lui ha avuto un palcoscenico degno, la 7 un momento di gloria insperato anche se meritato. A margine vale la pena di annotare anche  due milioni di richieste per lo streaming.

Se vogliamo Berlusconi aveva vinto ancora prima di iniziare, se non altro per la grande attesa che si era creata. La trasmissione ha decretato il suo indiscusso carisma che ha messo in difficoltà due mostri sacri del talk-show televisivo. Basti pensare che, al mattino, diverse testate, che certo non si possono definire pro Berlusconi, hanno sostanzialmente avallato  il successo del cavaliere proprio attraverso gli stentati tentativi di trovare limiti alla sua esibizione. Perché di magistrale esibizione si è trattato, una recita che se anche può avere palesato alcuni innegabili limiti dell’azione politica, ha dato una immagine superlativa del personaggio messa a confronto, idealmente, con la modesta dialettica dei diretti rivali.

Di tipo diverso le sensazioni provocate dai conduttori e dalla trasmissione: da sempre considerati spietati tritacarne sono stati avvertiti solo come funghi per il purè: unico dubbio se il comportamento, vagamente signorile nei confronti dell’ospite, per come veniva avvertito da quanti conoscono ben altre esibizioni del duo Santoro – Travaglio, sia stato frutto di una meditata strategia oppure determinato dalla disarmante sicurezza e disinvoltura ostentata da un Berlusconi al centro di una delle migliori serate della sua vita.

L’impressione stata quella di un match di pugilato ‘aggiustato’ in modo tale da trasformarlo in un rassicurante show per famiglie, e di televisione per famiglie si è trattato con i suoi limiti, le sue falsità e i canovacci preconfezionati. Il dilettantismo di fondo, che si contrappone a quello dei grandi giornalisti, americani in particolare, è stato il perdere la testa per la letterina finale.

Prima Santoro si è fatto scappare che si erano date delle regole, poi la reazione spropositata per difendere Travaglio, apparso per un attimo come un pugile suonato, anche spodestato dalla cattedra dove, per sancire il trionfo, si era insediato il Cavaliere che, per un attimo, si era trasformato in conduttore che ordinava la scena. Il tutto per una sterile elencazione di beghe giudiziarie per diffamazione, peraltro conosciute ai più, che avrebbero potuto solo suscitare ilarità per la fonte da cui scaturivano, inquinata da ben altre pendenze giudiziarie e con una posizione politico sociale alquanto diversa da quella del giornalista.

Per rappresentare lo smarrimento di quelli che avrebbero dovuto provocare la disfatta di Berlusconi, basti dire che la letterina viene annunciata dal Cavaliere come uscita dalle sue mani, a inizio di lettura viene fuori che è stata concepita e vergata da alcuni collaboratori, al mattino, alla radio, su Radio 24, ai microfoni della Zanzara viene fuori che l’autore è il giornalista di Libero Filippo Facci che ha testualmente dichiarato: “Ho scritto io, in gran parte, la lettera di Berlusconi a Travaglio. Di fatto l’80% della lettera è farina del mio sacco, composta da pezzi che ho firmato su Libero e dall’elencazione delle condanne di Travaglio che ho scritto su Wikipedia. L’introduzione invece è tutta di Berlusconi come la parte su Montanelli che è una palese cazzata. Berlusconi leggeva una cosa di cui non capiva neanche il significato. Per fortuna si è cucinato tutti gli altri che erano cotti, impreparati e molto molli”.

In altre occasioni sarebbe venuta fuori una storia come questa, sarebbe diventata un affare di stato.

In definitiva una trasmissione stantia per due terzi del minutaggio, che esplode nel finale in maniera inaspettata, la bacheca dell’antiberlusconismo militante che rovina a terra proprio di fronte alla vittima predestinata, causa di tutti i mali della nazione.

Dopo la serata incriminata, quando la sinistra vincerà, come pare, non potrà certo, e non dovrà, ringraziare Santoro. Diversamente, anche se appare improbabile, lo stesso potrebbe essere considerato uno dei maggiori colpevoli.

Lettera firmata