LA DECOLLAZIONE DI SAN GIOVANNI E L’UCCISIONE DEL DRAGO DA PARTE DI SAN GIORGIO

RAGUSA – Un’attenta disamina di opere scultoree, plastiche, letterarie e cinematografiche attorno al tema della decollazione di San Giovanni oltre che della figura della giovane Salomè, causa della sua decapitazione. E’ cominciato così, ieri pomeriggio, l’appuntamento con la quinta conversazione del ciclo “Mito/Mania” che chiude i battenti quest’oggi dopo aver esaminato le virtù, l’etica, la città utopica inseguendo le figure ideali dei due santi principali di Ragusa, San Giorgio e San Giovanni. Gemma Trapanese, psicoanalista partenopea della Società psicoanalitica italiana, ha esordito chiarendo che “la testa mozzata è la frattura originale della sua presenza, un atto fuori dalla nostra coscienza che accoglie in giacenza ciò che nella nostra mente manca, proprio come un corpo senza testa.

Lo sguardo – ha aggiunto – cadrà su quella testa mozzata tenuta come un trofeo o adagiata su un piatto. Il discorso sulla mancanza è sottile e complesso. Il tema della decollazione di San Giovanni Battista ci dice il grande bisogno di ripetere il messaggio, come a dire che il divieto di incesto e di omicidio è grave”. A questo punto è stato proposto un piccolo spezzone di un film del 1953 con una splendida Rita Hayworth che introduce alla danza dei setti veli. E da qui si evince che la madre usa la figlia giovinetta per convincere Erode ad uccidere Giovanni. Salomè punta il suo oggetto del desiderio, lo avvicina e lo allontana. E nello stesso tempo, così facendo, lo cattura. Colpisce come la danza di Salomè la porti a conquistare una testa, ma una testa che non ha mai posseduto. “Anche le immagini che hanno potere evocativo, che parlano al nostro profondo – ha aggiunto Trapanese – possono essere smussate, rivisitate fino al punto di entrare nel quotidiano. Erode il grande, era il grande perché aveva una grande madre, che lo ha costretto ad uccidere la tanto amata prima moglie, e a commettere una serie di omicidi. Dopo l’orrore della decapitazione, Erode comanda di spegnere la luce, perché, dopo l’orrore, non c’è spazio per l’immagine”.

La ricercatrice di Storia contemporanea dell’Università di Catania, Margherita Bonomo, si è concentrata, invece, sulla figura di San Giorgio e su una immagine che l’ha folgorata, quella dell’uccisione del drago dipinta da Paolo Uccello. “La protagonista – ha spiegato – è la principessa Margherita, colei che la leggenda vuole salvata da San Giorgio. E’ bella, composta, serena e tiene il drago col guinzaglio in una posizione di elegante compostezza. C’è poi San Giorgio che è impetuoso. Sono andata a recuperare le caratteristiche del Faust, personaggio simile a San Giorgio. Sia l’uno che l’altro sono personaggi realmente vissuti, le Margherite reciproche, invece, sono simboli. Il Faust esistito si chiamava Johannes Georg. San Giorgio è detto il megalo martire, il Faust il titano: entrambi super uomini. Quindi tante coincidenze li accomunano. Le Margherite sono la chiave che permettono ai due supereroi di aspirare alla realizzazione della loro missione, nel caso di San Giorgio il battesimo, e quindi la conversione dell’intera comunità. L’uomo virtuoso che propone il cambiamento. Anche il Faust propone il cambiamento: uomo capace di sedurre la gente, uomo dal dogma medievale che vuole spingere verso l’individualità più moderna, invogliando i contemporanei verso la libera ricerca, verso la critica”. E’ stato tracciato, poi, un parallelo tra San Giorgio e la Beata Mariannina Schininà. Quando il padre muore improvvisamente, quest’ultima resta traumatizzata e decide di abbandonare lo stile di vita condotto fino ad allora e di abbracciare la vita spirituale. Aiuta i vecchi, i malati, i bisognosi. Si spoglia delle sue ricchezze come San Giorgio che, a un certo punto, dichiara la sua fede e cede tutto ai poveri.

Il critico d’arte Paolo Nifosì ha parlato delle strutture delle chiese intitolate ai due santi, del linguaggio figurativo e visivo. Se per San Giovanni si inizia con un progetto approssimativo dopo il terremoto del 1693, arrivando al 1720 con quello più definitivo, con San Giorgio la costruzione viene avviata intorno al 1738 e la facciata si ultima nel 1775. Insomma nell’arco di 30 anni. “Risultato finale – dice Nifosì – abbiamo una chiesa di San Giorgio su elaborato di Rosario Gagliardi realizzata secondo il progetto, ad eccezione della cupola. Prima quindi la facciata, poi l’area absidale. Dall’altra parte invece la scelta infelice di procedere per assemblaggio di elementi da cui deriva una soluzione non omogenea. Debolezza di San Giovanni: rispetto al primo ordine fortemente plastico, articolato, abbiamo un secondo ordine piatto, insignificante. Per quanto riguarda gli interni: spoglio San Giorgio, ricco San Giovanni. La scelta di San Giovanni contempla la presenza di colonne di pietra pece. Gli impianti basilicali coincidono quasi tutti. La scelta di San Giorgio si basa sulla ricchezza della pietra, quella di San Giovanni sullo stucco”. Gli psicoanalisti Annapaola Giannelli e Calogero Minacapilli hanno invece chiarito, nei loro interventi moderati da Giuseppe Traina dell’Università di Catania-sede di Ragusa, perché le figure dei due santi sono così importanti per il capoluogo ibleo.

“La nostra risposta immediata – ha spiegato Minacapilli – è stata che si tratta di due uomini coraggiosi, persone in cui potersi identificare per superare momenti storici terribili come il terremoto del 1693. Veri e propri miti viventi, tuttora attivi e presenti nella cultura e nella società contemporanea. Abbiamo capito il valore del sacro, dal punto di vista psicoanalitico, individuale. San Giovanni è il precursore del Cristo che edificherà il regno di Dio, mentre San Giorgio era un cavaliere, che ha Margherita come cardine, un simbolo per il regno di Dio. Il sacro dei due soggetti è la personificazione attraverso la quale deriva la responsabilità del pensiero collettivo. Che diventa parte integrante dell’agire umano. Concetto di concepire il sacro che si può accostare al bene comune”. “Se consideriamo il mito come una costellazione – ha aggiunto Giannelli – verifichiamo che ci mette in rapporto con tanti elementi, fissi, che si possono ritrovare nel cielo, possono cambiare, ma sono individuabili, rintracciabili. Il rapporto con la divinità, l’individuo lo crea con una costellazione che diventa l’intermediario tra l’uomo e il santo. Il terrore del cambiamento crea disgregazione, angoscia. Angoscia che diventa un mezzo di difesa nella costellazione. San Giovanni e San Giorgio non si escludono, ma sono due esperienze che possono sovrapporsi”. Al termine, la serata è stata deliziata dal concerto di Ruggero Laganà all’organo della chiesa delle Anime Sante del Purgatorio. Il musicista ha dimostrato, ancora una volta, di possedere chiavi e registri interpretativi di un livello superiore al normale, garantendo l’ascolto soave di tutti i brani eseguiti.