Nel 1677 la Contea di Modica coinvolta nella crisi Europea che vede in contrasto Francia e Spagna: di Uccio Barone

Nell’ estate del 1677  in Sicilia  rullano i tamburi di guerra. La rivolta di Messina da tre anni ha alterato gli equilibri internazionali, perché Luigi XIV è andato in soccorso della città ribelle che rivendicava il ruolo di capitale economica dell’ isola contro i privilegi feudali di Palermo e contro l’ esoso fiscalismo spagnolo . Il conflitto politico e militare tra Spagna e Francia ha come posta strategica la leadership nel Mediterraneo. Un corpo di spedizione agli ordini del duca Vivonne si è spinto fino alle porte di Catania, mentre la flotta francese veleggia minacciosa di fronte al porto di Siracusa. Quì si trova acquartierato l’ esercito spagnolo comandato dal duca di Camastra Giuseppe Lanza ( futuro protagonista della ricostruzione dopo il sisma del 1693 ) che aspetta il momento propizio per passare al contrattacco. La Contea di Modica sembra lontana dal teatro di guerra, ma viene anch’ essa coinvolta nella crisi europea.
Camastra ha il problema di approvvigionare le sue truppe e sa bene che l’ area iblea dispone del migliore frumento di Sicilia. Ordina pertanto ai giurati di Ragusa di spedire con urgenza nella fortezza di Siracusa un ingente carico di grano ed orzo. Si trattava oltretutto di un ottimo affare per la nobiltà locale, dal momento che la Regia Corte prometteva di pagare un prezzo elevato per l’ indispensabile fornitura. C’ è però un rischio sociale di non poco conto, poiché svuotare i magazzini di cereali significa far mancare grano e farina per le classi più povere. Sono anni difficili, di carestie, tumulti e banditismo. La popolazione vigila sulle riserve alimentari della città e si oppone a qualunque “estrazione” di derrate fuori dai confini urbani. Perciò il quartiere degli Archi si mobilita subito per impedire il “turpe negozio” che arricchirebbe i nobili ma affamerebbe le classi popolari. Si rinfocola per l’ occasione il tradizionale contrasto tra le due chiese maggiori : quando i giurati di Ragusa, tutti di stretta osservanza “sangiorgiara”  Francesco Giampiccolo  barone di Cammarana, Vincenzo Castellett  barone di Camemi, Vincenzo Arezzo barone di Calamenzana e Giacomo Di Stefano barone di Cutalia ) dispongono la partenza della carovana di carri carichi di frumento ed orzo, i popolani “sangiovannari” bloccano tutte le uscite della città e spargono voci “sediziose” contro l’ egoismo affamatore dell’ aristocrazia.
Il 4 agosto 1677 scoppia il “ribello”. In piazza degli Archi i “bordonari” ( addetti al trasporto ) hanno proclamato lo sciopero e un certo Vincenzo detto lo “sciclitano” fa sbarrare le porte della città. Quando giunge trafelato con alcune guardie  il Maestro notaio del comune Filippo Zuccarello,  che minaccia severe punizioni per gli scioperanti la folla colà radunata comincia ad inveire e lo picchia a sangue. Il malcapitato sfugge a stento all’ ira popolare e si rifugia nella vicina chiesa delle Anime del Purgatorio, dove giunge a suo soccorso don Ignazio Lauretta armato di pistola che non esita a far fuoco sui dimostranti. A questo punto entrano in scena i capi veri dell’ insurrezione: Ignazio Dierna e Angelo Campo ( il primo sangiorgiaro, il secondo sangiovannaro ) guidano la folla inferocita che brucia i portoni della chiesa e trucidano orrendamente lo Zuccarello e il Lauretta. Ragusa resta così in balìa dei ribelli : la rivolta assume caratteri antispagnoli e democratici, i nobili atterriti si rinchiudono nei loro palazzi e temendo per la loro vita chiedono rinforzi. L’ anarchia regna sovrana.
La sera stessa giunge da Modica il governatore della Contea, Carlo Grimaldi, con una pattuglia di soldati. In attesa dei rinforzi militari promessi  dal duca di Camastra, tocca a lui sbrogliare la matassa. Con pazienza ed abilità cerca in un primo tempo la mediazione tra le parti sociali. In un clima di grande tensione i capipopolo Dierna e Campo accettano di incontrarlo e dettano le loro condizioni: divieto assoluto di esportazione del grano, un “calmiere” per diminuire il prezzo di pane e farina, riduzione dei dazi su alcuni generi di prima necessità. La vicenda, tuttavia , ha assunto caratteri politici , e da Siracusa  arriva  l’ ordine  perentorio di non cedere alle pretese dei ribelli che potevano innescare per imitazione altri disordini nei paesi iblei. Camastra minaccia condanne esemplari e “terribile castigo”, ma si tratta di “grida” manzoniane poiché Sortino, Palazzolo e Melilli insorgono e costringono le truppe spagnole a reprimere cola’i tumulti , ritardando la spedizione militare a Ragusa. Quì i ribelli prendono coraggio, catturano alcuni maggiorenti in ostaggio , progettano di estendere il moto antispagnolo a Modica ed a Scicli qualora il governatore non si pieghi alle loro richieste. Fino al 21 agosto a Ragusa è il caos, la rivoluzione potrebbe estendersi all’ intera Contea.
Il prof. Enzo Sipione aveva segnalato la vicenda in un breve articolo  sull’ “Archivio storico della Sicilia orientale” del 1977, rivista che oggi ho l’ onore di dirigere.  Sulla scorta di quello scritto ho avuto modo di riprendere la documentazione inedita conservata nel Fondo Grimaldi ( Archivio di Stato di Ragusa, sezione di Modica ). Lo scenario risulta davvero drammatico. La corrispondenza intercorsa tra Camastra e Grimaldi dimostra la convinzione di entrambi che le masse popolari siano manovrate da “menti raffinate” e che dietro le violenze perpetrate si muovano lo spionaggio francese ed alcune famiglie locali collegate col nemico, dal momento che nella Contea molteplici erano gli interessi patrimoniali e mercantili della Francia. Grimaldi per un mese resta asserragliato a Ragusa, minacciato egli stesso di morte, mentre cerca invano una mediazione con gli insorti che intanto aboliscono gabelle e dazi, seminando terrore fra nobili e borghesi.
Quando giungono le truppe spagnole scatta però la durissima repressione. Ignazio Dierna ed Angelo Campo vengono giustiziati sulla forca nella pubblica piazza, a lunghe pene detentive sono condannate centinaia di persone di varia estrazione sociale : consoli  delle “maestranze” come Paolo Conti e Vincenzo Ingallina, gentiluomini “honorati” come i fratelli Trono, Giuseppe Cascone e Giuseppe Criscione ( sono loro gli “industriosi”  filofrancesi ? ), il frate cappuccino Cosimo Di Stefano, insieme a tanti altri oscuri comprimari del “ribello”. Per non essere sconfitto Luigi XIV alla fine abbandona il campo, lasciando la città peloritana alla mercé della vendetta spagnola. Una tragedia di immani proporzioni. Come a Messina , anche a Ragusa viene ripristinato l’ ordine, i francesi si ritirano, la Spagna riprende il controllo del territorio. Carlo Grimaldi verrà premiato per il suo coraggio e fedeltà nel 1692 con l’ ambito titolo di principe. I “ democratici” sono stati sconfitti, i nobili riescono a vendere ad alto prezzo il grano dei loro magazzini. Ma il terremoto del 1693 rimetterà presto in gioco i precari equilibri politici e sociali della Contea.
di Uccio Barone

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it