INTERVISTA A ROSARIO RUGGIERI

Tra i tanti super eroi con cui la Marvel ha costruito il suo impero, manca Lui, “L’uomo grotta” o “Uomo delle grotte”, colui che entra nelle viscere della terra, districandosi tra cunicoli e labirinti, alla ricerca di una fonte d’acqua e raccogliendo campioni di roccia da analizzare.

Questa è l’innata passione che anima il dottor Rosario Ruggieri, dirigente Acque concessioni e autorizzazioni per la Regione Sicilia e presidente del CIRS, Centro Ibleo Ricerche Speleo-Idrogeologiche, che da anni lo accompagna in giro per il mondo, nei più disparati e remoti angoli della terra, in cerca di grotte da esplorare.

Tra le tante mete visitate, sempre rigorosamente guidati da autoctoni, si possono citare Brasile, Cina, Indonesia, Perù,Messico, Mongolia, Etiopia, ma anche Malta, Marocco, Mozambico, lo Zambia e, non ultima, la Siria.

Il CIRS, già Gruppo Grotte Ragusa fondato dal Dott. Ruggieri nel 1974 prima associazione naturalistica nata in provincia, districa i suoi interessi tra speleologia e geologia, due discipline molto affini e, se vogliamo, quasi complementari: La prima trova la sua origine dal greco spélaion=caverna e lògos=discorso, ed è la scienza che studia i fenomeni carsici, ovvero le cavità naturali, la loro genesi, la loro natura ed in particolare i fenomeni che vi avvengono internamente, tra cui il movimento delle acque sotterranee (idrologia ed idrogeologia).

Anche il termie Geologia deriva dal greco e significa, letteralmente, “studio della terra”.

Uno studio che di questi tempi diventa sempre più di fondamentale importanza  per la valutazione delle risorse idriche, per la previsione e la comprensione dei pericoli naturali, per l’individuazione ed il risanamento dei problemi ambientali, per la pianificazione territoriale e la realizzazione di opere pubbliche e private, per il rilevamento di risorse naturali e per lo studio dei cambiamenti climatici e dell’ambiente.

Entro tutto questo panorama si dirama l’attività del Centro e gli studi del Dottor Ruggieri che, non contento del suo già importante curriculum, che annovera attività di Geologo in cantieri petroliferi on e off shore nel canale di Sicilia, in Libia e in Turchia per la Diga di Karakaiasull’Eufrate,ha di recente svolto un Dottorato di Ricerca in Carsologia presso il KarstResearchInstitute dell’Accademia delle Scienze dell’ Università di Nova Gorica, in Slovenia. Al suo attivo numerose pubblicazioni scientifiche sul carsismo della Sicilia, e non solo, scrive e collabora per diverse riviste nazionali, quali “Speleologia” e “International caver”, edita in Inghilterra. Nel settembre 2006, inoltre, è stato invitato a Londra per una conferenza sui risultati delle cinque campagne di ricerca realizzate in Cina dal 1993 al 2004. A invitarlo la prestigiosa RoyalGeographical Society, attiva dal 1830 e che ha fornito supporto e finanziamenti a scienziati del calibro di Darwin, Tuckey, Livingstone e molti altri.

La Carsologia,l’idrogeologia e tutta l’attività di ricerca inerente rappresentano il fulcro di interesse del Dottore, lo studio e la passione di svelare l’attività dell’acqua sulle rocce calcaree, svelare la dinamica stessa e l’evoluzionedella terra, entrandovi fin dentro le cavità più remote.

I risultati delle ultimissime ricerche condotte saranno esposti al IV Simposio Internazionale sul Carsismo, organizzato dal CIRS,in occasione del 40° anniversario della sua fondazione, con l’alto patrocinio dell’UNESCO – IHP e dell’Unione Internazionale di Speleologia. L’attenzione è concentrata nell’area sud Mediterranea e il tema è quello dei Geositi, intesi quali beni geologico-geomorfologici di particolare pregio scientifico e ambientale di un territorio.

Lo scopo dei quattro incontri, che si terranno a partire dal 30 maggio, è quello di favorire la  valorizzazione del patrimonio carsico e la sua conservazione e tutela.

I preparativi per il Simposio sono imperanti, ma non sufficienti a tenere il dottor Ruggieri fermo dietro una scrivania. Tutti i fine settimana, infatti, si sposta per una nuova escursione, una nuova avventura tra rocce carsificate e meandri sotterranei o per ritornare, dopo 25 anni, nelle suggestioni del bacino del Carboj con le sue grotte e la sua fantastica Gola della Tardara, nella provincia di Agrigento, accompagnato dagli amici del Gruppo naturalistico ed escursionistico di Sciacca.

Ma ancora, la Riserva dello Zingaro, la Grotta del Sughero el’Abisso del Purgatorio nei Monti di Capo San Vito, la Grotta del Salnitro e della Faggebba con le loro fantastiche morfologie nell’agrigentino o nei surreali condotti tappezzati di zolfo e cristalli di gesso della Grotta dell’Acqua Mintina nel nisseno.

È difficile coordinare un appuntamento con un ricercatore dalla cotanta passione di esplorare, sempre in giro o impegnato a sviscerare dati empirici, ma nonostante i mille impegni il dottor Ruggieri non manca di disponibilità e assoluta cortesia.

Appena arrivata all’appuntamento, nel suo ufficio del Genio Civile, mi chiede se ho voglia di vedere l’attività svolta sul campo. Per fortuna ho messo gli stivali e subito si parte.

Vengono a prenderci Mario Andolina ed Emanuele Brugaletta, due tecnici del Comune di Ragusa. Direzione, Cava della Misericordia, o cava dei mulini, dove scorre il torrente Ceramite affluente dell’Irminio. Qui, il 9 ottobre 2010, le due sorgenti, Oro e Misericordia, hanno subito un gravissimo inquinamento. L’acqua drenata da Queste scaturigini carsiche, ci spiega il dottor Ruggieri, percorre diversi chilometri sospinta per dalla sola forza di gravità, cioè senza l’uso di corrente o di energia elettrica, fino ad  arrivare all’impianto di sollevamento di Cava San Leonardo, provvedendo al soddisfacimento idrico di Ragusa con una percentuale del 10-15%  sul totale. Il regime idrologico di queste sorgenti carsiche è particolare e necessitadi un monitoraggiocontinuo onde controllare periodicamente non solo i livelli di inquinamento, ma anche i cicli e i meccanismi di interscambio tra le sue scaturigini evidenziatisi nel corso delle osservazioni realizzate con sonde multiparametriche in questi ultimi anni

Dal 2011 ad ora sono stati condotti un numero cospicuo di rilevamenti, consistenti in misure dei livellidelle acque agli stramazzi delle due scaturigini, misuredi conducibilità elettrica, di temperatura e prelievo di campioni  per le analisi chimiche effettuate nei laboratori dell’Arpa e dell’Asp. Settimanalmente, avviene il download dei dati immagazzinati nelle sonde il cui trattamento ed analisi “dopo circa un anno di osservazioni potrà aiutarci ad interpretare ilregime idrologico e il meccanismo di comunicazione tra le due sorgenti”. La falda più gravemente colpita è l’Oro, una sorgente che drena l’acqua di un sistema di condotti carsica, caratterizzata dafasi cicliche di secca.”

Si spera, infine, con I dati raccolti e analizzati di poter individuare le cause dell’inquinamento probabilmente imputabili o alle vicine aziende zootecniche o alla limitrofa discarica di Cava dei Modicani.

Non è possibile, ancora, puntare l’indice verso una parte piuttosto che un’altra, recentemente, inoltre, si è aperto il processo penale nei confronti d alcuni allevatori per la mancata osservanza delle norme che regolano lo smaltimento dei reflui di allevamento. Gli enti istituzionalmente competenti coinvolti nella vicenda sono: l’ARPA, che si occupa di misurare la qualità delle acque superficiali e sotterranee, il Genio Civile che ha competenza sul regime quantitativo delle acque pubbliche, e l’ASP, chiamata a monitorare circa gli aspetti sanitari.

La visita è stata entusiasmante, siamo entrati fin dentro le sorgenti e vedere l’arteria pulsante della Misericordia mi ha emozionato, ma anche profondamente rammaricato: come si può non preservare, difendere e tutelare la nostra stessa terra?

La prima cosa che gli chiedo, infatti, l’espressione di un parere circa la mancanza di una educazione alla tutela e di una politica di tutela promossa dalle istituzioni: “purtroppo una parteconsistente della provincia versa in questa condizione di degrado, se solo si pensa allo stato qualitativo dei nostri fiumi principali devastati dai reflui dei depuratori mal funzionanti. Colpa non solamente della mancanza di fondi e mezzi a disposizione, ma soprattutto di una reale conoscenza dei problemi a cui si lega anche una incapacità a prevederli e, a cose fatte, a volerli risolvere per l’interesse collettivo, che è ben supoeriore a quello delle singole realtà economiche. Divine, quindi, indifferibile, una azione di promozione a tutti i livelli a partire dalle scuole, di una cultura di conoscenza e sensibilizzazione per la salvaguardia della natura e dei suoi beni. Da ciò appare meritoria l’attività del CIRS che nell’ambito delle attività che porrà in essere per il quarantennale della sua fondazione organizza dal 24 aprile al 1 maggio d concerto con l’associazione dei geologi della provincia di Ragusa, con il patrocinio del Comune di Ragusa e il coinvolgimento delle scuole la manifestazione “L’Acqua che berremo”,  finalizzata alla ttrattazione con la cittadinanza delle problematiche sulle acque carsiche studiate dalla carsologia.,

 

Innanzitutto, cos’è la Carsiologia?

In generale, la Carsiologia si occupa di fenomeni carsici, nel particolare, fenomeni che si sviluppano sia in superficie, all’esterno dei terreni affioranti, sia in profondità. Il fenomeno carsico sostanzialmente cos’è? È una azione di dissoluzione operata da acque acide, contenenti CO2, che attaccano e dissolvono il calcare. L’erosione, al contrario, è un fenomeno meccanico, come quello prodotto dai ciottoli trasportati da un fiume. In questo caso, invece, si produce un fenomeno chimico chiamato corrosione. Pertanto, tutto ciò che attiene la corrosione chimica, in rocce solubili quali sono i carbonati affioranti su buona parte del nostro territorio ibleo, è il campo di applicazione degli studi di Carsologia.

 

Quindi, i fenomeni carsici che avvengono internamente sono quelli che originano le grotte?

Esatto. Internamente, attraverso l’allargamento di fratture o faglie si originano cavità, sistemi che possono anche essere molto estesi. Ovviamente, poiché il tutto è governato dall’acqua, elemento senza il quale niente si genererebbe, l’acqua è importante in questo contesto, anche per i suoi molteplici utilizzi.

 

Mi spiegavi che per il territorio Ibleo, essendo profondamente carsico, questo tipo di studi si rileva di particolare importanza.

Il nostro territorio ha una morfologia carsica per eccellenza, vale a dire è un’area carsica, in virtù della roccia calcarea che lo costituisce. Un aspetto importante di questa sua particolare natura geologica, sotto il profilo idrogeologico, è la sua grande capacità a immagazzinare l’acqua di infiltrazione meteorica andando a costituire un grande serbatoio idrico. La roccia calcarea, infatti, in virtù della sua rete di fratture carsificate, favorisce l’accumulo delle acque e la loro lenta restituzione attraverso sorgenti, a differenza di quelle argillose che essendo impermeabili le restituiscono velocemente a mare. Il territorio di Caltanissetta e di Agrigenti, per esempio, vive per questo una penuria di risorse idriche che soprattutto nei mesi estivi costringe la popolazione a turni nella somministrazione delle acque potabili.

Ma ancora una volta va ribadito che non c’è conoscenza sulla reale portata dei problemi. Parlando di acqua, di protezione delle risorse idriche, di una corretta gestione e pianificazione, diciamo che questa visione più o meno lungimirante su come gestire e proteggere è un po’ mancata, tant’è vero che siamo arrivati a questi episodi gravi di inquinamento, frutto dell’incuria e della mancata conoscenza dei fenomeni. In tal senso, gli studi di carsologia possono dare valide risposte in merito alla circolazione delle acque, soprattutto in un contesto qual è tutto l’altipiano ibleo, caratterizzato, appunto, da un sistema carbonatico, molto fratturato, e con presenza di fenomeni di carsismo che hanno ampliato nel tempo la permeabilità di queste rocce, facendo dell’Altipiano un grande serbatoio idrico naturale.

 

Parliamo della vulnerabilità di questo serbatoio idrico che è l’Altipiano Ibleo …

Si, il risvolto della medaglia al fatto che il nostro altipiano è un grande serbatoio idrico è legato alla sua elevata vulnerabilità in virtù della sua particolare fratturazione e grado di carsificazione. Infatti, alla stessa elevata capacità di immagazzinamento nei confronti delle acque meteoriche si lega un’elevata capacità di trasmissione di fluidi inquinanti in falda. Da qui la necessità  inderogabile di protezione degli acquiferi carsici non protetti soprattutto nelle are di ricarica di fonti idriche destinate al consumo umano.

Al riguardo, negli anni si sono avvicendate le normative, sia europee che nazionali, prima fra tutte  la 152/2006,il così detto Codice ambientale,che disciplina,fra le altre cose, la gestione delle acque sotterranee.

La normativa, per esempio, stabilisce che nelle zone di ricarica delle acque per il consumo umano, cioè quelle che i Comuni utilizzano per l’alimentazione dei propri acquedotti, sono vietata la presenza di letamai, pozzi perdenti, ecc, poiché costituenti elementi di portanziale inquinamento delle falde idriche. Quindi, a fronte di una normativa già esistente da parecchi anni, il problema principale è stato che non è stata messa realmente in pratica. Non mancavano quindi gli strumenti normativi, quanto l’assenza degli enti che avrebbero dovuto far rispettare le norme in questione.

 

Si interviene, quindi, a danno già compiuto?

Si interviene a cose fatte, praticamente. Per cui questo un po’ è l’antefatto. La storia di questi giorni  hanno fatto emergere questa condizione, alla quale si è aggiunta la presenza della limitrofa discarica alle aree di ricarica delle sorgenti, con il suo carico di potenziale inquinamento. Tra l’altro la discarica sembra aver valicato lo spartiacque sotterraneo che divide i bacini imbriferi dell’Ippari da una parte e dell’Irminio dall’altra dove in quest’ultimo si collocano le zone di ricarica delle anzidette sorgenti. In pratica, ponendosi oltre tale limite si inficiano inevitabilmente le condizioni di protezione.

Già di suo, anche se non fosse elemento causante, comunque rimane una bomba a orologeria dal momento che ci troviamo, tra l’altro, in una zona fortemente sismica. Una qualsiasi scossa, un evento di qualsiasi grado, potrebbe danneggiare gli strati impermeabili, che fanno si che il pergolato non vada oltre. Quindi, già a suo tempo la decisione di posizionare la discarica in quel punto fu un grave errore.

 

Per quanto riguarda, invece, le aziende zootecniche, sarebbe impensabile se la Regione, anche attraverso fondi europei, finanziasse un consorzio per la costituzione di impianti di produzione di biogas? Risultando, altresì, funzionale allo smaltimento dei liquami.

Potrebbe essere una buona, se non ottima, soluzione, in pratica, fare dei consorzi attraverso cui creare questi impianti di biogas che consentirebbero, tra l’altro, un guadagno, un utile, da un refluo che in questo momento, invece, viene visto come un onere imperante. Svuotare continuamente queste vasche dove si accumulano i rifiuti organici degli animali, comporta oneri pesanti per trasportare i rifiuti in appositi impianti di trattamento.

 

 

 

 

Si tratta, insomma, di uno strampalato circolo vizioso, perché è inevitabile che inquinando le acque che abbeverano gli animali e i terreni del pascolo, gli animali stessi ne subiranno le conseguenze e, alla fine, anche il prodotto che si andrà a produrre non sarà qualitativamente genuino.

Bhè, così è un po’ troppo generalista. È ovvio e assodato che, oramai, le cause di inquinamento sono molteplici e sfuggono a una logica di tutela. Ovviamente se utilizzi un’acqua inquinata, già a partire dall’acquedotto, si genera un rischio gravissimo nei confronti della salute pubblica. Se, poi, quest’acqua inquinata viene sversata sul fiume, come è avvenuto per forza di cose in un primo momento nel nostro caso, il carico inquinante ha devastato letteralmente l’ecosistema fluviale, tanto che si sono trovate trote morte, e la significativa scomparsa di granchi che sono indicatori di un buon stato qualitativo dell’acqua. Insomma, si è devastato tutto l’ecosistema del fiume e, in più, quando il fiume Ciaramite inquinato è arrivato alla confluenza con l’Irminio, l’inquinamento si è diramato ad alcuni pozzi ivi ubicati. È stata una catena irrefrenabile, come irrefrenabile è il movimento dell’acqua.

L’inquinamento dei pozzi ha fatto scattare la crisi idrica e ha, se vogliamo, svegliato la cittadinanza, perché nessuno aveva capito cosa stava succedendo finchè non si son chiusi i rubinetti, creando una situazione di disagio generale. Un disagio che, nella realtà dei fatti, aveva avuto origine un anno prima nella totale impasse delle amministrazioni competenti.

 

Ritiene che le mancanze siano imputabili a mal gestione, a disinteresse per un tema così sensibile? Che poi, i costi di un interventi non sono superiori a quelli di una politica della prevenzione?

Certamente. In generale diciamo che è abbastanza ovvio e consequenziale che nel momento in cui si deve riparare qualcosa per riportarlo in uno stato qualitativamente accettabile, i costi possono risultare superiori a quelli per mantenere e gestire la risorsa idrica in una maniera, diciamo, normale, ottimale. E difatti, nel nostro caso, per reperire le quantità d’acqua, venuta meno per il problema dell’inquinamento, l’amministrazione ha dovuto tirare fuori acqua da altre fonti, con un aggravio dei costi energetici e del trasporto.

 

Chiudiamo la discussione sulle acque per passare a temi più intimi, nel tentativo di smascherare e svelare l’estremo riserbo di Ruggieri e perché, animata da una estrema ammirazione, non voglio sottrarmi dal celebrarne le gesta.

 

Su internet si possono leggere le più varie definizioni di speleologia e geologia, ma niente circa l’aspetto umano, ciò che si prova studiando la terra e entrandovi nelle viscere. Lei come lo vive? Come lo definirebbe?

Domanda difficile ….vuoi sapere cosa si prova a essere speleologo? Non è facile rispondere perché qualsiasi risposta potrebbe essere o troppo banale o artefatta, priva di significato. Sono cose che si provano dentro, a livello di sensazioni ed emozioni personali poi, ovviamente, tutto nasce quando inizi a fare attività, che ti segnano.

Sotto l’aspetto più puramente avventuroso, non ci sono dubbi che l’esplorazione, che sia in superficie o dentro la terra stessa, ti spinge oltre i tuoi stessi limiti, la scoperta di un contesto sconosciuto, non privo di pericoli è  motivo trainante.

Volendo fare una correlazione, nel momento in cui entri in un ambiente sconosciuto, di cui non si sa nulla, né si hanno studi, scatta il fascino dell’ignoto, del piacere della scoperta che ti muovono tuo malgrado e, spesso, irrazionalmente, sfidando i  pericoli.

 

 

 

 

Nella maggior parte dei suoi viaggi ad accompagnarlo c’è stata la dottoressa Iolanda Galletti, biologa e compagna di una vita. Quanto influisce nella sua necessità di spostamento avere accanto una persona che la capisce così empaticamente? Che vive con eguale pathos le sue ricerche, i viaggi, l’amore per il naturale?

Non ci sono dubbi che condividere con chi ti sta accanto è importante e positivo. Diciamo che Iolanda ha anche imparato a seguirmi.

 

L’esperienza in Slovenia e i molteplici viaggi e collaborazioni con l’estero la tengono costantemente al limite tra due mondi differentissimi: l’estero che investe nella ricerca, nello studio, e l’Italia che a ricerca e studio appone solo tagli. Si è rassegnato all’italianità, cosa l’ha trattenuta a non scappare?

Il motivo principale per cui sono tornato da fuori sono stati i miei figli, ero in Turchia quando stava per arrivare il secondo. In generale consiglio a tutti di uscire, di fare esperienza fuori dall’Italia e s’è possibile di stanziarsi dove si può fare ciò che si ambisce. In Italia, adesso, non ci sono prospettive per chi vuole costruirsi un futuro. Sono perfettamente cosciente che non è neanche bello consigliare di abbandonare il paese, ma se il paese non mette nelle condizioni di crescita, per potersi costruire? Negli anni in cui io sono tornato dalla Turchia, comunque, non c’erano ancora queste condizioni e, nonostante anelavo di uscire, ho deciso di rimanere in Sicilia, poi ho vinto il concorso alla Regione ed è stato un crescendo.

Non ho mai abbandonato il mio amore incondizionato per il viaggio, dal momento che la geologia apre orizzonti non solo locali, ma planetari. Ancora adesso quando non viaggio, mi sento inquieto.

 

È un coltello a doppia lama, si deve considerare anche la pericolosità di taluni siti, com’è attualmente la Libia, per esempio …

Diciamo che i pericoli, nel momento in cui vai in nazioni in cui la situazione politica non è il massimo, o ci sono conflitti, ovviamente metti in conto di doverti confrontare con incognite derivanti da questi status. Se, però, ti arresti dinanzi tali pericoli, dinanzi situazioni che ti possano causare problemi, significa arrendersi a prescindere, buttare la spugna, in questo caso il coraggio, un minimo di coraggio, è fondamentale.  Dovevo partire giorno 3 aprile per la Libia, ma alla luce dell’ultimo rapimento avvenuto e dell’instabile situazione, un po’ di preoccupazione c’era, ma non tale da convincermi a non partire. Ci sono motivazioni più forti di te. D’altronde, se l’uomo, fin da quando stava dentro la caverna, si fosse fatto impaurire dall’uscire per via dei predatori, non saremmo oggi qui, l’uomo non si sarebbe andato sulla luna e quant’altro  fino a fare quello che ha fatto. La paura non può essere motivo di freno, ma deve essere gestita in maniera, più o meno, equilibrata. Si tratta comunque di considerazioni estremamente personali, ognuno poi, fa la vita che ritiene di voler fare.

 

Andando in giro per il mondo avrà vissuto le più incredibili avventure, vuole raccontarci un aneddoto in particolare?

Le avventure sono state molteplici, dipende dal significato che si da a ciascuna esperienza. Molte, sicuramente, dal punto di vista umano. In Siberia e in Mongolia, per esempio, molto entusiasmante è stato il viaggio attraverso la tundra persi in spazi sconfinati dove si dormiva in tende con temperature di molto sotto lo zero. O, in quell’occasione a provarci, un’esperienza in treno con reduci della guerra nei Balcani. Diverse ore di viaggio accanto un’umanità dolente che si scontrava con quello che rappresentavamo noi in quel momento, occidentali in viaggio, mentre loro fuggivano dalle atrocità della guerra. La cosa toccante è stata che, comunque, si aprivano e ti offrivano quel poco che avevano.

Al di là di tutte le avventure vissute quei momenti si sono incisi in modo particolare e molto toccante.

Un altro episodio particolare lo abbiamo vissuto in Cina, quando abbiamo trovato il cadavere di un bimbo precipitato in un profondo pozzo di una grotta. Siamo stati combattuti tra il desiderio, da parte della famiglia del bimbo, di tirarlo fuori dall’abisso per dargli degna sepoltura e il veto dell’autorità locale. Al di là dei pericoli cui potevamo far fronte, ci siamo subito offerti, senza minimamente pensare anche al fatto di dover recuperare un piccolo cadavere. Purtroppo le autorità si sono fermamente opposte al recupero e abbiamo potuto restituire alla famiglia solo qualche effetto personale, oltre a coprire il corpicino con un drappo che ci avevano fornito.

 

Un altro episodio particolare lo avete vissuto in Etiopia, ricordo male?

In Etiopia durante l’esplorazione di una cavità particolarmente impegnativa per la presenza di pozzi e strettoie, lungo una galleria  attraversata da un fiume, siamo incappati in un ambiente con alti valori di CO2, inavvertibile poiché inodore. Ciononostante, quasi subito abbiamo realizzato che qualcosa non andava, avendo iniziato ad accusare disturbi quali tachicardia e spossatezza.In buona sostanza, appena in tempo abbiamo abbandonato quell’ambiente poiché se fossimo rimasti qualche minuto in più avremmo sicuramente, perso i sensi. Usciti dalla galleria ci siamo messi alla ricerca di un ulteriore ingresso, trovato il quale, solo alcuni di noi si sono calati al suo interno. Solitamente in questi paesi africani, al di là del potere politico, quello che conta veramente è il potere delle tribù locali. Ciò significa che, chi conosce la situazione locale deve muoversi in una certa maniera, contattare i capi tribù, agire con cautela, chiedere permessi. Cosa che non era stata fatta con il risultato che all’uscita dalla grotta siamo stati circondati dalla tribù che ci minacciava con tanto di machete sotto il collo. Tutto poi si è concluso nel migliore dei modi, ma ciò non era affatto scontato.

Ci  vuole quindi un minimo di cautela. In quell’occasione non si ebbe un’accorta strategia.

 

Di solito a questa fase preparatoria chi provvede?

Solitamente ci affidiamo alle Università con cui si sviluppano i progetti di ricerca. Spesso e volentieri cerchiamo, altresì, di metterci in contatto con guide autoctone, proprio per assolvere ai problemi della logistica.

Nel caso specifico, eravamo insieme a un geologo dell’Università di Addis Abeba che doveva provvedere alla cura dei contatti e via dicendo.

Comunque, tutto è bene ciò che in quell’occasione è finito bene!

 

 

 

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