Guerre, conflitti e nuovi saperi. Il convegno alla Facoltà di Lingue

Il convegno conclusivo del Progetto di ricerca FIR 7AA3F4 si è svolto nelle giornate di venerdì 1 e sabato 2 dicembre, presso la Struttura Didattica Speciale dei corsi di Mediazione linguistica e interculturale e di Lingue e culture europee ed extraeuropee, a Ragusa Ibla, con una grande partecipazione di numerosi studiosi della materia e in collaborazione con la rivista Limes.

Il titolo di tale convegno “Guerre, conflitti e nuovi saperi: crisi geopolitiche e sconfinamenti linguistici-culturali” descrive già da subito una tematica da sempre conosciuta. Una tematica forte, spesso violenta ai nostri occhi ma anche speranzosa. Il termine “nuovi saperi”, infatti, cerca di alimentare nella coscienza di ognuno di noi, una nuova credenza sul significato del rapporto interculturale e della nascita di nuove espressioni culturali e linguistiche ma allo stesso tempo, delinea quello che già rappresenta il concetto di guerra, per raggiungere di conseguenza, un nuova libera conoscenza mondiale.

Per guerra si intende, un contrasto tra stati sovrani o coalizioni per la risoluzione, di regola in ultima istanza, di una controversia internazionale, dettata da conflitti ideologici, politici, economici, culturali e linguistici.
Ma in realtà alla guerra, come dice lo stesso suo significato, si dovrebbe ricorrere soltanto in ultima istanza; prima sarebbe necessario conoscere le ideologie e i saperi di ciascun popolo, per giungere ad una soluzione degna di umanità e civiltà, senza ricorrere alle armi.

“*Le differenze reali di tutto il mondo oggi, sono tra ebrei ed arabi, protestanti e cattolici, bianchi e neri. Le differenza reali sono tra coloro che abbracciano la pace e coloro che vorrebbero distruggerla, tra coloro che guardano al futuro e coloro che si aggrappano al passato, tra coloro che aprono le loro armi e coloro che sono determinati a ripudiarle.”*
Con questa citazione di William Clinton, si può creare un percorso di superamento dei limiti e delle barriere culturali.

Basti pensare alle parole chiave: inclusione, radicalità e tolleranza; tipiche anche del movimento di protesta e di rivendicazione dei diritti dei Neri, nominato “Black Lives Matter”.
Movimento nato quando gli afro-americani si resero conto che era necessario migliorare la loro vita, la loro posizione sociale ed i loro diritti per essere sullo stesso piano egualitario degli americani bianchi.
È infatti, una rivendicazione di natura generale sull’importanza delle vite umane, sulla necessità di giustizia e di controllo, per non essere ancora vittime delle differenze razziali.
Persino, figure di docenti universitari americani hanno portato avanti l’idea che nonostante l‘America sul piano formale abbia cercato di creare una società democratica e radicale, in realtà una buona parte di essa sia ancora oggi, esclusa e vittima di violenza e indagine. L‘esperienza del noto professore George Yancy si è svolta per riconoscere le esistenti discriminazioni tra i neri e bianchi, che spesso contaminano anche l‘ambito lavorativo non giungendo alla felicità egalitaria della Nazione.

Non mancano di certo, anche i conflitti sull‘identità, come dimostra il film “Cruising” di William Friedkin, spesso osteggiato, criticato dalla stessa comunità gay da cui il film si era ispirato. Paura per un‘identità che viene rivelata solo da ciò che appare negli occhi degli altri e mai per ciò che sia realmente; o come il film “The Calcutta Chromosome” di Amitav Ghosh, in cui le dimensioni del sapere non appaiono sempre così scontati come noi vorremmo credere.
Ma i conflitti stessi spesso vengono ripercorsi anche da un ambiente esterno ad essi. Da qui possiamo ricollegarci alle mogli dei soldati italiani che partivano per il fronte, nel periodo della Seconda guerra mondiale. Loro stesse, sebbene non fossero partecipanti attive del conflitto, erano indispensabili per delinearlo. Queste donne rappresentavano il limite tra la realtà civile e la realtà bellica, tra una casalinga e una “flapper”.

La storia ha sempre parlato di guerre, confini e limiti ma essi rappresentano soltanto delle barriere che escludono la conoscenza dell‘altro, di ciò che appare diverso.
Se si volesse creare la definizione di mondo libero e pacifico, sarebbe necessario, parlare della diversità culturale e linguistica non come differenza sociale, ma come ricchezza, stimolo e valore futuro.
contributo editoriale di Sara Giannone

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