LEGAMBIENTE: CAMBIARE DIREZIONE. UNIRE LAVORO, ECONOMIA ED AMBIENTE: SI PUO’ E SI DEVE

E’ imminente l’inizio a Parigi della conferenza internazionale sul clima dell’ONU con l’obiettivo di trovare un accordo per evitare l’aumento della temperatura del pianeta oltre i 2 gradi entro il 2050. E’ ormai il tempo di prendere seriamente in considerazione la questione, anche a livello locale, sia nella percezione dei rischi, ma anche delle opportunità offerte da un cambiamento radicale nel modo di produrre e consumare energia ed in particolare dalla fuoriuscita dal ‘sistema petrolio’.

Questo vale anche per gli aspetti occupazionali.

Tra le voci che insistentemente si alzano per vantare l’importanza delle trivellazioni nel nostro territorio vi è infatti quella, sicuramente da non sottovalutare vista la cronica mancanza di lavoro, dei vantaggi occupazionali delle ricerche petrolifere.

Ma esistono tanti modi per fare occupazione, modi buoni e meno buoni, più produttivi e meno produttivi, anche in termini di numero di posti. Paradossalmente pare che in provincia di Ragusa si seguano sempre le strade meno vantaggiose, anche in questa direzione.

Va infatti evidenziato, dati alla mano, che, per ogni milione di euro investito in Italia nel recupero e riqualificazione energetica nel periodo 2011-2015 si sono creati 15 occupati (10 nel diretto e 5 nell’indotto) tutti a carattere locale, (fonte Camera dei Deputati) mentre con lo stesso investimento nel settore petrolifero si creano solo 6 occupati, di cui addirittura solo 0,6 a livello locale (fonte Assomineraria). Se invece si intervenisse sugli edifici scolastici più energivori, per ogni milione di € investito gli occupati sarebbero 66, di cui 44 nel settore diretto e 22 nell’indotto (fonte CRESME).

Ad esempio sarebbe bastato che il Comune di Ragusa avesse utilizzato il 20% delle royalties incassate nel 2014 per rendere efficienti energeticamente 5.000 mq di edifici scolastici: si sarebbero in tal modo creati ben 363 nuovi occupati!

E’ evidente che non c’è paragone con l’investimento delle società petrolifere, che a parole dicono di fare l’interesse della comunità (a cui invece lasciano un piatto di lenticchie) ma nei fatti fanno solo quello dei loro azionisti.

E questo senza considerare i problemi ambientali: è infatti evidente che la riqualificazione energetica non fa danni ma porta benefici per l’ambiente e per chi vive negli edifici stessi (riduzione dei costi in bolletta e migliore vivibilità) mentre le trivellazioni, checchè se ne dica, rischi ne portano eccome, dai rischi per le falde idriche a quelli per il clima, e quindi a cascata per il benessere generale e per l’agricoltura: rischi che nella nostra realtà locale sono ancora purtroppo scandalosamente sottovalutati.

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