IN VIAGGIO ATTRAVERSO LE DONNE DI ULISSE

La bellezza e il potere di una persona stanno senz’altro nell’unicità. Poteva, Omero, cantore di eroi, uomini, soldati, guerre, città e terre e soprattutto di divinità miti e archetipi, esimersi dal cantare la donna, di donne, la cui sola presenza può rendere, da sempre e per sempre, incantatore ogni tema? O per lo meno delinearne alcuni ruoli e unicità all’interno dell’Odissea!

Alla femina, mulier, mater, matrona…giovane promessa sposa, figlia, amante…aggiunge tutte quelle sfumature singolari che rendono ciascuna indimenticabile. A prescindere, tenendo presente che di base la donna dell’epoca di Omero era considerata sotto la responsabilità del marito perché non in grado di intendere e volere per la legge greca -come per quella romana.

Nell’Odissea Omero sa cogliere con raffinatezza non solo la “multiforme” intelligenza di Ulisse, ma anche la multiforme essenza femminile, variegata bellezza di valori. E sin dall’invocazione iniziale alle Muse, oracoli sacri e ispiratori, presenti ad ogni fatto reale che è successo, succede o succederà nel mondo, introduce ad un viaggio che porta al qui e ora, e alla loro ispirazione.

Ed ecco quindi, che all’eroe Ulisse, degno rappresentante del miglior genere maschile, a cui non sono mancate né guerre, né imprese e avventure, né idee vincenti, nel poema ha dato modo di incontrare figure femminili eccezionali. Così Ulisse, di volta in volta è soggiogato dal fascino di ciascuna donna incontrata -per qualità, comportamento, aspetto fisico, intelligenza, capacità di relazionarsi e amare, generosità e l’immagine di sogno, desiderio, passione che comporta. Lo fa in contesti diversi per ambienti e pathos, emozioni.

Ulisse è attento -mai sprovveduto o ingenuo-, rispettoso -mai suddito o sottomesso- e sempre adeguato alla situazione, di fronte ad ognuna. 

Odisseo, nel nostos -viaggio di ritorno verso Itaca, il regno di cui è re- incontra nell’ordine: Circe, Anticlea, Calipso, Nausicaa, donne e co-protagoniste che arricchiscono in importanza e conoscenza il viaggio verso la meta, Itaca, dove ritrova la sposa, Penelope, che pare accentrare in sé, nella sua sola persona, tutte le donne.

Penelope “colei che tesse la tela”, non a caso, è la “meta” da raggiungere, per l’eroe, come per l’uomo: consapevole, moglie ideale e fedele; capace padrona di casa e nelle arti femminili come ricamo e tessitura; materna custode del figlio e del regno di Ulisse.

Tutto il mondo ebbe inizio da Eva, allora? No, non in questa guerra, non nella storia-leggenda fra Grecia e Troia. Piuttosto tutto ebbe inizio da Elena, la più bella donna del mondo, quella per cui gli uomini possono fare una pazzia: una guerra, appunto! Lasciamo stare che nella realtà Elena non sia che un semplice pretesto e forse nemmeno quello, ed avvaloriamo l’ipotesi che la ricompensa di Afrodite al giovane Paride, sia proprio Elena, che l’ha decretata come la più bella fra le dee Era e Atena. 

Da Troia alla Terra dei Ciconi -unico luogo reale del viaggio- e poi alla Terra dei Lotofagi, e dei Ciclopi, e all’Isola di Eolo e la Terra dei Lestigoni, vaga Ulisse. Poi, nell’Isola di Eea. Qui risiede la maga Circe, che trasforma gli uomini secondo la loro natura: porci, nel caso dei marinai di Ulisse. Circe, “dai riccioli belli”, “esperta di filtri” e “dea tremenda con voce umana” con Ulisse ha una storia d’amore sensuale, e vera, e alla pari, perché Ulisse è protetto e non cade nei sortilegi di lei, creatura irresistibile. Lei lo seduce, certo: lui sale al suo letto che trova “invitante”, ma lei promette e mantiene di liberare dall’incantesimo i compagni di viaggio dell’eroe. 

Circe è donna che sa amare intensamente e che lascerà libero l’eroe di andare quando lui sentirà più forte il richiamo di casa e di partire, aiutandolo, accettando la propria solitudine e identità- in questo è la più simile a Penelope! 

Nella successiva tappa del suo viaggio Ulisse discende all’Averno e incontra la madre Anticlea che l’eroe non sapeva fosse morta. A lei, pone domande incalzanti, accorate, piene d’ansia e di tenerezza. Prova forte il desiderio di abbracciarla e piangere. Invano. Egli stringerà il nulla: una fredda ombra è colei che gli ha dato la vita. Dandole l’addio porterà con sé un ultimo consiglio, la certezza del ritorno ad Itaca, la lotta con i Proci e una fine tranquilla. 

Dai mostri di Scilla e Cariddi, all’Isola del Sole, ad Ogigia. Qui, incontra la ninfa Calipso che abita sull’isola, l’archetipo dell’immaginario in Occidente: luogo isolato tra “tanta acqua salata, infinita”, fuori dal tempo e fuori dalla spazio, anzi, al centro dello Spazio. Non ci sono strade, passaggi per arrivarci, se non trovandoli da soli. La ninfa marina offre la vita immortale e la dimenticanza ad Ulisse se resterà con lei -e lui starà per sette anni prima di ripartire con la zattera che lei gli metterà a disposizione con la libertà, per ordine di un dio, non di spontanea accettazione. Figlia di Titano, la “nasconditrice” Calipso abita nella grotta vicino all’hortus conclusus che emana profumi tutt’intorno: l’odore di cedri e di tuia bruciati, un bosco di ontani, pioppi e cipressi, una vite carica di grappoli…quasi un mondo incantato. 

Calipso è donna che vuole per sé e per sempre l’amato, tenendolo lontano da tutto e tutti; arriva ad implorarlo purché resti.

Approdato sull’Isola dei Feaci è trovato da Nausicaa. Sono la grazia, la leggerezza e il pudore le sue doti, anche quando appare agli occhi di Ulisse per la prima volta, mentre gioca a palla dopo aver lavato le vesti di nozze dei fratelli con la segreta speranza che il prodigio di un incontro avvenga, come preannunciato dal sogno durante la notte. Inizialmente con Nausicaa l’eroe usa parole dolci di “miele” mentre nascosto dal canneto ripara la nudità, e chiede ospitalità. Quella di Ulisse è una nudità ben più ampia: sulla identità e sul nome taciuto. Ospitato poi dal padre di Nausicaa, re Alcinoo, sulla Isola dei Feaci durante il racconto delle sue gesta, da parte di un cantore della reggia, un Ulisse commosso, naufragherà nel sentimento, ricomponendo e ritrovando sé stesso.

Nausicaa è donna che aspetta uno sposo e il matrimonio che siano per sempre; è innocente e romantica.

La meta del nostos è però Itaca: il suo regno, la sua donna, suo figlio, le figure familiari di fedeli servitori tra cui la nutrice Euriclea.

Penelope, la sposa forte e bellissima agli occhi di Ulisse, anche dopo vent’anni d’assenza, è il centro a cui ritornare. Centro in cui lei è vissuta, in attesa, tra la stanza del talamo nuziale e la tessitura al telaio, esprimendo un’interiorità riservata quanto chiara, dove “tener fede” e speranza, le sono costate sofferenza. Lei è casa, regno, famiglia, radici, e soprattutto l’amore trovato intatto dopo tanta forzata distanza. Lei, senza magie, filtri, incanti, nebbie divine e fuorvianti, tormentate rotte, tempeste, venti, mostri, lotte, violenze, interventi divini, …è. E l’eroe torna ad esistere, solo con lei, riannodando fili mai spezzati, ma fragili; assieme a lei, che è la figura femminile perfetta, inizio e fine del nostos

 

 

 

 

 

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