VASCO PRATOLINI

D’estate aumentano in modo esponenziale le rubriche e gli inviti a leggere le ultime novità librarie. Fermo restando che per chi ama veramente leggere, tutte le stagioni sono buone, diciamo che in vacanza pare di avere più tempo a disposizione e quindi  i libri per leggerli o rileggerli. Propongo Vasco Pratolini (1913-91). Non certo una novità, ma sicuramente un grande autore.

Fiorentino di nascita, appartenne a una famiglia di umili origini, restò orfano di madre ad appena cinque anni, crebbe nei quartieri popolari  fra Santa Croce e Piazza della Signoria, che faranno da sfondo ai suoi romanzi. In gioventù fu costretto a umili mestieri per vivere. Autodidatta, fu attivo collaboratore di riviste  letterarie e giornali; militò anche nella Resistenza.

Nel 1936 Vittorini lo introdusse negli ambienti letterari; due anni dopo, con Alfonso Gatto, fondò un quindicinale “Campo di Marte”, organo di punta del movimento ermetico. Ben presto Pratolini iniziò una fortunata carriera letteraria, che nella prima fase risentì dell’influenza ermetica, intimistica e anche lirica dell’ambiente fiorentino.

Il suo primo libro Il tappeto verde (1941) fu una raccolta a carattere ‘memoriale’ in cui la vena elegiaco-sentimentale era affiancata dalla descrizione del mondo popolare della sua città.

Dopo alcune prove in cui si definirono le sue caratteristiche salienti (Via de’ Magazzini, 1942; Le amiche 1943), Vasco Pratolini pubblica in successione rapida tre opere (Il quartiere, 1945; Cronaca familiare, 1947; Cronaca di poveri amanti ancora nel ’47) giudicata molto positivamente dalla critica.

Cronaca familiare  fu il testo più intimistico e privato dell’autore, che intreccia un dialogo doloroso con il fratello morto a ventisette anni, e ricostruisce il difficile rapporto dell’inevitabile e precoce separazione;  Il quartiere e Cronache di poveri amanti furono realistico-populisti e svilupparono, soprattutto il secondo, con maggiore ampiezza  e diversa struttura (per la prima volta lo scrittore adotta la terza persona) la stessa tematica: l’ambientazione in un vecchio quartiere popolare di Firenze; la descrizione tenera della vita minuta dei personaggi; l’istintivo antifascismo, prima che politico della gente semplice.

Seguì nel 1949 Un eroe del nostro tempo, che fu una prova mancata, un romanzo di formazione di un ragazzo emarginato. Subito dopo Pratolini progetta la trilogia Una storia italiana, con l’intento di passare dalla cronaca di un quartiere alla storia nazionale. Metello esce nel 1955, ambientato dal 1875 al 1902; nel 1960 Lo scialo, fino al 1930; e nel 1966  Allegoria e derisione dal 1935 al 1945, con una importante postilla datata 1965.

I modelli sono evidentemente ottocenteschi tipici del romanzo naturalistico, ed è interessante un commento di un critico: “Ciascun romanzo risulterà concluso, autonomo e senza rapporto, se non di circostanze marginali, con gli altri. Il filo che unisce la trilogia è dato dal tempo” .

Una storia italiana connota la volontà dell’autore di ripercorrere la difficile e a volte tragica avventura sentimentale e sociale proletaria (Metello), piccolo borghese (Lo scialo), dove al narratore si affianca  l’invadente presenza  di monologhi interiori e, – romanzo nel romanzo – l’accorgimento del diario di Ninì, il personaggio femminile), fino alla prova tendenzialmente destrutturata di Allegoria e derisione, dove persiste il realismo, ma si intreccia con l’“allegoria” graffiante del negativo e della conflittualità: unico della serie con una scrittura-diario in prima persona.

Interessante il piano tematico-ideologico: dall’ottimismo ingenuo e populistico incarnato dal protagonista positivo Metello, alla crisi rappresentata  dalla corruzione e degradazione morale della piccola borghesia che abbraccia il fascismo nello Scialo, per finire alla fallimentare  presa di coscienza dell’intellettuale Valerio Marsili, evidente alter ego dell’autore, nel terzo romanzo.

Fuori dal ciclo testé citato lo scrittore  pubblica nel 1963, è La costanza della ragione, dove Pratolini recupera la dimensione privata del ricordo  dell’infanzia  e narra in prima persona  l’educazione sentimentale e ideologica di un adolescente che alla fine prende atto della negatività dell’esistenza.

La morte dello scrittore ha impedito di  portare a termine  un quarto testo, più volte annunciato (dal titolo provvisorio  Malattia infantile), destinato a chiudere la Storia Italiana.

 

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