DESTINAZIONE … INDIA

Numerose le manifestazioni riguardante il paese Destinazione… India. Mostre, concerti, eventi… e film.

Il Festival ha voluto trasmettere anche pellicole  di denuncia facendo vedere oltre alle bellezze naturali indiane, anche i risvolti sociali, con aspetti spesso crudeli e controversi.

Tre di questi: India, Matri Bhumi; Monsoon e Gulabi Gang.

Il primo, India, Matri Bhumi, è un film documentario del 1959 del regista Roberto Rossellini. E’ la versione restaurata suddiviso in quattro episodi attraverso i quali vengono descritti i sentimenti suscitati dal regista da questo grande Paese, quasi sessant’anni fa. Il primo episodio narra di un conducente di elefanti che si innamora di una burattinaia e si sposa; segue quello di un operaio che per sette anni ha lavorato a una diga di Irakud e che poi deve abbandonare il piccolo villaggio  dove era vissuto fino allora; a seguire, il racconto di un vecchio contadino che salva la vita a una tigre minacciata da costruttori di dighe che avevano invaso il suo territorio facendo scappare tutta la selvaggina e avendo aggredito e ucciso un uomo, volevano ammazzarla;  infine quella di una scimmia sola nel deserto, legata con una catena al padrone morto improvvisamente per un colpo di calore.

Monsoon, film documentario canadese di Sturla Gunnarson di origini islandesi. Racconta dei monsoni e delle piogge torrenziali che portano con sé. Attraverso la voce di una ragazzina di undici anni del Kerala (sud dell’India), viene analizzata l’attesa spasmodica in tutta l’India di questi venti particolari che spesso distruggono i villaggi con inondazioni, ma anche creano vita. E  quando, a  volte, non si palesano,  c’è siccità e carestia.

Il terzo film  Gulabi Gang, di Nishtha Jain del 2012; 96’ davvero intensi.

Il titolo è quello del nome di un movimento fondato e guidato da Simpat Pat che riunisce soprattutto le donne più povere della realtà indiana, per difenderle dai soprusi della violenza di genere, l’ordinamento delle caste che, benché soppresse per legge, sono ancora molto presenti e alla corruzione dilagante. Ricorrendo alla forza della parola e alla denuncia Simpat Pal riesce a portare, seppure tra mille difficoltà, cambiamenti sensibili, in un contesto difficile e refrattario come quello dl suo Paese, aggregando migliaia di persone, soprattutto donne. La loro divisa è un sari color fucsia e un bastone dipinto dello stesso colore.   Nata in una zona rurale e tradizionalista l’energica  Simpat conosce molto bene la situazione e agisce con coraggio e determinazione.

Mi ricordo, che un paio di anni  fa, lessi un trafiletto su un giornale che parlava di lei, ma poi non ne ebbi più notizia.

Tutto è cominciato dal fatto che, stanca di vedere una moglie del suo  villaggio picchiata continuamente dal marito, protestò presso di lui, ma per avere osato  tanto, la copri di insulti. A quel punto, arrivò a una decisione draconiana: aspettatolo vicino a un campo di sua proprietà con altre quattro o cinque donne, lo bastonarono di santa ragione, dicendogli che così poteva assaggiare la stessa medicina che somministrava alla moglie. Da quel momento le cose per la donna sempre maltrattata cambiarono radicalmente e da lì è nato il movimento. Naturalmente non usa più sistemi così drastici, ma viene chiamata per avere giustizia e lei con le compagne si dà da fare per smuovere le autorità che spesso chiudono gli occhi davanti a fatti gravissimi come la violenza di gruppo su ragazzine e l’assassinio di mogli, sorelle o figlie.

Gran donna!

 

 

 

 

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