SPIGOLATURE IBLEE.

Inizio da quest’oggi su Ragusa Oggi una mia piccola rubrica, a lettura dei quotidiani, iblei e non, stampati o mediatici. Rispondo cosi’ alla mia inclinazione al confronto aperto e nello stesso tempo mi concedo qualche polemichetta, piu’ o meno impertinente, al riparo pero’ dalle banalita’ della politica spicciola. Un diversivo intellettuale che potra’ essere condiviso, sempre stando ai toni.

Leggo un interesante resoconto su LA SICILIA a firma di Saro Di Stefano in cui si scrive di Pennavaria e del fascismo di necessità.

 

Tesi abbastanza coerente con la pretesa di trasformare Pennavaria in un benefattore delle popolazioni iblee e magari in un sostenitore della cultura liberale.

 

In tale direzione, ci ricorda l’articolo citato,  si impegnò l’allora Vescovo Angelo Rizzo che sottolineò nella sua omelia a memoria dell’ illustre estinto, era il 7 marzo 1980, la sua praticità, il suo pragmatismo. Insomma Pennavaria sarebbe stato costretto a essere fascista dalla necessità; fu fascista per necessità,  come lo fu per necessità anche  l’abusivismo edilizio  degli anni 60-70, in Sicilia.

 

Forse, deduco, per entrare in paradiso, non era sufficientemente  apprezzabile  la connotazione dello squadrista, quale lo stesso fu. Ma nel 1980 i tempi imponevano prudenza e probabilmente anche in cielo era finito il tempo degli ingressi facili, per provati meriti anticomunisti.  E così i trascorsi violenti di Pennavaria e i morti di operai e braccianti  disseminati per le strade iblee dalle squadre punitive vennero accantonati come peccati veniali, che erano nulla a fronte dei meriti acquisiti.

 

Sarebbe bastato  invece chiedere scusa a quei morti e alle loro famiglie e poi magari evidenziare i meriti del senatore per rendere più accettabile la consacrazione pubblica di Pennavaria: non facendolo si attualizzò, acutizzandolo, il ricordo di quegli anni feroci e si perpetuò un disagio mai risolto, che ha impedito al popolo ibleo di coltivare una memoria comune, sino a oggi.

 

Senza questo riconoscimento, sul piano storico e politico, sarà difficile collocare Pennavaria in una prospettiva di figure condivise.

 

Ma i fatti appartengono ai loro tempi. Ogni tentativo di modificarne il profilo strumentalmente, allontana la piena ricomposizione del tessuto civile nella realtà degli Iblei.

 

In verità quella del 1980 del vescovo Rizzo fu una semplicistica commemorazione, quando invece occorrevano e occorrono parole di verità, sul piano della ricostruzione storica e della tensione civile all’unità. Le divisioni infatti  nascono dalla retorica delle rivendicazioni e dal fanatismo ideologico.

 

Cato Minimus

 

 

 

 

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