IL FINE SETTIMANA APPENA TRASCORSO, HA CONSEGNATO ALLA CRONACA TUTTA UNA SERIE DI EVENTI CHE MERITANO UN MOMENTO DI RIFLESSIONE

1) Giovedì sera il Consiglio Comunale di Ragusa ha posto fine ad una anomalia statutaria che durava da fin troppo tempo, secondo la quale i rappresentanti di tutti i gruppi presenti in consiglio facevano parte di ogni commissione consiliare, e poiché erano tantissimi i gruppi costituiti da un solo consigliere, tutto ciò dilatava abnormemente il numero dei componenti le commissioni, con effetti negativi sulla loro funzionalità (raggiungimento numero legale), e per i costi a carico dell’Ente (diritto di assenza retribuita per l’intera giornata lavorativa per tutti i consiglieri dipendenti pubblici e privati, onere di rimborso a carico dell’Ente in favore del datore di lavoro).

Per dare il senso della anomalia ed illogicità della previsione statutaria, finalmente modificata, basta solo richiamare alla memoria che già lo Statuto della tanto vituperata Provincia, assegnava a ciascun consigliere il diritto di partecipare ad un massimo di 2 commissioni, sulle 6 istituite, e che la partecipazione di tutti i rappresentanti dei gruppi a tutte le commissioni non accelerava i lavori del Consiglio, vista la funzioni solo consultiva delle commissioni consiliari, e non deliberante e referente come le commissioni parlamentari, ragione per la quale tutti i consiglieri comunali finivano per intervenire sul medesimo argomento sia in commissione, sia durante le sedute del Consiglio.

Non si tratta quindi di una riforma epocale, come qualcuno l’ha definita, ma di un semplice doveroso adeguamento dello Statuto, rispetto al quale qualcuno dei novelli riformatori-rottamatori, nell’immediato passato ha omesso di intervenire, visto che l’ultima modifica statutaria è datata ottobre 2010, Dipasquale Sindaco, e che nulla all’epoca fu disposto, ma anzi ha contribuito alla proliferazione dei gruppi consiliari.

Giusto e doveroso correggere un sistema già privo di senso sin dalla sua istituzione, ma da qui a proclamarsi grandi riformatori ce ne passa!

2) Venerdì è stata presentata a Palermo un nuova iniziativa politica, alla quale i promotori hanno assegnato la funzione di rappresentare, in Sicilia, i valori della sinistra.

Ora a prescindere dalla indubbia valenza democratica della nascita di nuovi soggetti politici e per aver ulteriormente reso palese il fortissimo disagio dei fondatori ed iscritti al PD, rispetto a programmi e metodi dell‘asset renziano, va comunque posto l’accento sul dato che tali iniziative, assunte al di fuori di una strategia complessiva e diffusa su tutti i territori, finiscono per frazionare e contrapporre le forze di sinistra, chiamate a “singolar tenzone” su chi sia più “rosso” dell’altro.

La sfida oggi è unire le forze su progetti e programmi capaci di rappresentare e soddisfare bisogni, aspettative e aspirazioni di tutti gli strati sociali, specie dei più deboli e dei nuovi fragili a causa della attuale crisi economica, di creare strumenti da offrire alle nuove generazioni per la loro crescita, di evitare che la crisi economica diventi anche crisi di valori e di identità della società italiana, costruita e cresciuta dal dopoguerra in poi, grazie a solidarietà, stato sociale e bilanciamento tra poteri.

A fronte di tale sfida, il “popolo di sinistra” non deve dividersi, tanto una leadership minoritaria nel paese e negli ambiti decisionali non è strategicamente utile, ma deve ritrovare quella compattezza che ha da ultimo consentito l’elezione di Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica.

3) Venerdì è anche stato il giorno della presenza a Scicli del Ministro del Lavoro e dell’Assessore Regionale al Lavoro, entrambi oratori all’interno di un cine – teatro, mentre fuori si teneva la manifestazione di pacifico dissenso delle organizzazioni sindacali sul tema della riforma del mercato del lavoro.

Stride non il dissenso, ma che il dissenso coinvolga soggetti che sostanzialmente dovrebbero operare, ciascuno nel proprio settore di intervento, sulla base dei medesimi valori di riferimento: sia il Ministro che l’Assessore sono esponenti di governi a guida PD e nominati in quota PD.

Stride perchè le attuali politiche del lavoro hanno accantonato un elemento fondante di lettura del rapporto di lavoro, e cioè che le due parti del rapporto non sono paritarie, perchè il lavoratore è la parte debole del rapporto e come tale necessario destinatario di una normativa di sostegno atta a bilanciare il rapporto.

E stride altresì perchè non solo equipara datore di lavoro e lavoratore, ma equipara anche tutte le categorie dei datori di lavoro, valutando in maniera identica la capacità economica della piccola e piccolissima impresa e del grande gruppo, anche a valenza multinazionale.

Decenni di costruzione di un sistema legislativo di garanzie fondato sullo studio della complessa realtà italiana, la cui ossatura produttiva è costituta dalla piccola e media impresa, spesso artigianale e commerciale, sono stati cancellati sull’onda di un impeto riformatore, o meglio, modificatore, ispirato più dai modelli propri della grande finanza e industria che da una reale conoscenza del tessuto economico produttivo, locale e nazionale.

E’ vero cambiano i tempi e la società, ma non cambiano i valori, ragione per la quale se si ci batte per una legislazione di tutela dei consumatori, quale parte debole del rapporto, non si comprende perchè invece gli stessi attori azzerino la legislazione di tutela dei lavoratori, anch’essi parte debole del rapporto!

Paradossalmente oggi lo stesso cittadino italiano ha più garanzie come consumatore che come lavoratore, e correlativamente ha più oneri la grande impresa come produttrice di beni che come datore di lavoro.

Ecco il corto circuito attuale.

4) Sabato e domenica poi la kermesse a Palermo promossa da un’area del PD, impegnata in una ampia politica di aggregazione di esponenti, anche ai massimi livelli istituzionali, di altri partiti e movimenti politici, spesso contrapposti in recenti e recentissime competizioni elettorali.

La predetta area ritiene questa la nuova frontiera del Partito Democratico, frutto di una politica nuova, attrattiva e decisionista, ma fermo restando il dovuto rispetto per ogni opinione, questa appare essere la riedizione della politica sabauda durante la formazione del Regno d’Italia.

Infatti al pari del modello cavourriano, si procede con costanti e continue annessioni di gruppi dirigenti di altri partiti, al fine di ottenere una completa omologazione ed uniformazione del modello di politico proposto, e di appiattire le differenze e le peculiarità prima esistenti.

Anche il modello di rilevazione del consenso proposto è “ancient régime” perchè sostanzialmente plebiscitario, strumento questo storicamente usato da soggetti di certo non passati alla storia per il loro tasso di democraticità, a cominciare da Napoleone Bonaparte.

Stesse considerazioni per il presunto “diritto di tribuna” riservato alle minoranze nel dibattito interno, cui è stato concesso solo di esporre le proprie opinioni, spesso su decisioni già assunte, e senza che le stesse siano, in tutto o in parte, entrate a far parte della scelta politica, legislativa e amministrativa finale.

Tutto ciò è esattamente l’opposto di quanto previsto dall’art.1 dello Statuto, che invece dispone che il PD riconosce e rispetta il pluralismo delle opzioni culturali e delle posizioni politiche al suo interno come parte essenziale della sua vita democratica, e promuove la circolazione delle idee e delle opinioni, l’elaborazione collettiva degli indirizzi politico-programmatici e la formazione di sintesi condivise.

Anche in questo caso è evidente il corto circuito: la nuova politica rinnovatrice e riformatrice non è altro che il remake di politiche vecchie, quanto meno superate, se non condannate dalla storia.

Solo dal confronto e dalla integrazione  tra valori e storie diverse è nata la più bella Costituzione del mondo, e questo i novelli costituenti non dovrebbero mai dimenticarlo, figli e nipoti anch’essi di quella “meglio gioventù”

 

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