DISTURBO PARANOIDE DI PERSONALITÀ

Il disturbo paranoide di personalità si caratterizza per uno stile di pensiero improntato alla diffidenza e sospettosità. Le persone con questo tipo di personalità appaiono rigide, riservate e guardinghe e nelle relazioni mostrano distacco poiché temono che, un eccessivo coinvolgimento o il lasciarsi andare in modo affettuoso, li renderebbero fragili e vulnerabili. Nella vita di tutti i giorni vivono in uno stato di continua tensione, sempre pronti a svelare attacchi e complotti. Il loro bisogno è tenere tutto e tutti sotto controllo, in quanto convinte che anche un minimo particolare sfuggito li potrebbe far cadere in trappola. Difficilmente riescono a portare avanti relazioni che durino nel tempo, sia perché le loro relazioni non sono mai connotate da grande coinvolgimento emotivo, sia anche perché, prima o poi l’altro farà o dirà qualcosa per loro intollerabile (che cioè indica che non è sincero, che non è degno di fiducia, che è un opportunista, che si approfitta di loro o simili) e quindi se ne dovranno disfare, allontanandosene. Nel rapporto con gli altri, amici, partner, colleghi, scrutano e analizzano ogni minimo gesto al fine di appurare la loro affidabilità o al contrario trovare le prove dei loro complotti e tradimenti.

Da un punto di vista psicodinamico, il paranoico si sente perseguitato da un oggetto esterno, (in psicoanalisi il termine “oggetto” viene utilizzato per riferirsi alle persone con cui si entra in relazione) percepito come minaccioso, che in realtà non esiste, esso è il frutto della proiezione di un oggetto interno interiorizzato come minaccioso (fortemente critico, severo, punitivo, imprevedibile e scarsamente affidabile). Stando ai contributi della Klein e di Winnicott, due grandi autori della psicoanalisi, ciò che è fallito, nel soggetto che manifesta idee persecutorie, è il “processo di riparazione” a causa della mancata disponibilità in tal senso dell’oggetto di riferimento o di un suo adeguato modo di porsi. Ciò causerebbe un permanere nella fase schizo-paranoide (fase dello sviluppo psicologico che, secondo la Klein, va da zero a sei mesi) nella quale, tanto la propria immagine quanto quella dell’oggetto, vengono percepite in modo scisso. In altri termini, se la madre non rappresenta per il bambino una presenza rassicurante, non soltanto non sarà possibile la realizzazione del processo di riparazione, ma neppure il superamento della fase schizo-paranoide. Il soggetto permarrà quindi in una dimensione nella quale sia l’immagine di sé che quella degli altri rimangono scisse (cioè percepite alternativamente come positive e negative). Egli proietterà i suoi sentimenti ostili sugli altri e questo glieli farà percepire come inaffidabili, minacciosi e pericolosi. La conseguenza saranno i pensieri paranoidei, i deliri di persecuzione, di gelosia, ecc. La gravità con cui tali pensieri disfunzionali potranno manifestarsi cambia in relaziona a fattori genetici, ma anche in relaziona alla gravità delle esperienze precoci, concretizzandosi in una vera e propria psicosi o in disturbi meno gravi.

A differenza dello schizofrenico, il soggetto con disturbo paranoide di personalità possiede una percezione precisa dell’ambiente; la realtà in sé non è distorta, lo è la sua interpretazione. I pensieri si susseguono in maniera lucida e coerente partendo da una premessa sbagliata dovuta a un’erronea interpretazione del dato reale. L’organizzazione di pensiero e comportamento sono strutturati, mentre invece nella schizofrenia c’è un grave problema di destrutturazione.

 

Dott.ssa Sabrina D’Amanti psicologa e psicoterapeuta

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Studio di psicoterapia a Vittoria e Ragusa

 

 

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