ACCESSO AL CREDITO SEMPRE PIU’ DIFFICILE PER LE PMI

“Accesso al credito sempre più difficile per le piccole e medie imprese nonostante la politica monetaria espansiva della Bce”. E’ quanto sottolinea il presidente dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili per la circoscrizione del Tribunale di Ragusa, Daniele Manenti, che snocciola una serie di dati riferiti alla realtà nazionale, regionale e provinciale. “Negli ultimi tre anni – dice Manenti – i finanziamenti alle piccole imprese (con meno di 20 dipendenti) sono scesi a livello di sistema Italia di oltre 27 miliardi di euro passando da 174,6 miliardi di fine giugno 2011 a 147,4 miliardi del giugno 2014. In Sicilia, complessivamente gli impieghi alle attività produttive con meno di 20 dipendenti sono passati da 7.724,1 milioni di euro a 6.337,7 milioni di euro con una diminuzione del 17,9%, e nella nostra provincia gli impieghi verso tali realtà, sempre nel suddetto periodo, si sono ridotti da 1.088,7 milioni di euro a 905,1 milioni di euro con una diminuzione del 16,86% e tutto ciò nonostante una politica espansiva della Bce che ha messo a disposizione del sistema bancario tra settembre e dicembre circa 400 miliardi di euro di prestiti chiamati Tltro (Targeted Longer Term Refinancing Operation) con un tasso particolarmente basso, pari a 0,15%, con scadenza a 4 anni e da destinare esclusivamente a famiglie ed imprese per finanziare la crescita”.

Manenti sottolinea che “di questa montagna di denaro messo a disposizione delle banche europee solo 212 miliardi sono stati complessivamente collocati (poco più della metà del massimo potenziale ottenibile) e le banche italiane, a fronte di un plafond di 75 miliardi ad esse riservato, ne hanno richiesto solo 57. Le ragioni di questa risposta abbastanza blanda da parte delle banche sono diverse – continua il presidente dell’Ordine – ma la più importante è che non esiste una domanda da investimenti da parte delle imprese particolarmente significativa”. Le ragioni della riduzione del credito erogato a parere delle imprese sono diverse: richieste di garanzie eccessive, procedure troppo lunghe, costi elevati, tassi di interesse superiori di quasi due punti rispetto alla media europea. Dal lato delle banche, le ragioni derivano invece da una scarsa cultura finanziaria e dalle difficoltà nell’ottenere informazioni attendibili. Ma in realtà le ragioni del “credit crunch” derivano anche dalla profonda crisi che il sistema bancario si trova oggi ad affrontare. “Non dimentichiamoci – aggiunge Manenti – che la crisi delle imprese si riflette sugli attivi bancari. La responsabilità del credit crunch si distribuisce in maniera abbastanza equilibrata tra sistema impresa e sistema bancario e finanziario. Da una parte vi è una domanda di credito delle imprese che rimane insoddisfatta, perché tali imprese non si meritano il credito che chiedono, cioè non hanno i requisiti, dall’altra parte le banche, che nei periodi di crisi adottano comportamenti prociclici (riduzione progressiva del rischio investendo in impieghi più sicuri), tendono a restringere i criteri di affidamento”.

 

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