GIOVANNI VERGA (Parte II)

GIOVANNI VERGA

 

LA DESCRIZIONE DEL MONDO POPOLARE E IL SUCCESSO DEI ROMANZI “MONDANI”.  IL NATURALISMO.

Parte II

Rubrica “connessioni culturali” di Adelina Valcanover

 

La novità introdotta da Giovanni Verga nella narrativa italiana (soffermatasi su un manzonismo di maniera o alla ricerca del successo facile con i romanzi d’appendice violenti o stucchevoli) è evidente soprattutto sul piano stilistico.

L’approdo al Verismo, che partendo dal modello francese di Émile Zola, e accompagnato dall’elaborazione teorica di Luigi Capuana è innanzitutto una scelta stilistica. Si basa su soprattutto su questi caratteri: a) l’”eclissi dell’autore”, che non deve far trasparire il suo giudizio sui fatti e le psicologie dei personaggi¸ b) la scelta di un narratore “interno” al libro e di conseguenza capace di un’aderenza pressoché totale al parlato e alla mentalità popolare; c) l’uso di una sintassi mimetica (ovvero imitativa del parlato reale) che contrasta in maniera evidente con quella in voga nei romanzi contemporanei; d) un a dialettualità che non è una riproduzione quasi di folclore del dialetto, ma invece espressione rivissuta dell’animo dei personaggi umili cui sa dare voce.

Ma questo non significa una scelta politica  progressista dei Verga, che anzi, è sostanzialmente un conservatore, e tale resta anche dopo avere dedicato tutte le sue energie al trionfo del Verismo. I temi ricorrenti nella sua produzione “rusticana”, (ossia il tema della “roba” contrapposto alla  “religione della famiglia”, o “l’ideale dell’ostrica” contrapposto  alla “vaghezza dell’ignoto”) si riassumono nella concezione dell’esistenza come “lotta per la vita”. Ma, a differenza che in Darwin, questa non sfocia nella vittoria, bensì nell’inevitabile sconfitta (da qui il titolo  dei Vinti assegnato al ciclo), nella distruzione e nella solitudine più profonda e insuperabile.

L’esordio di Giovanni Verga nella letteratura non pareva promettere che sarebbe diventato un grande scrittore: i romanzi catanesi abbondano infatti di retorica e forzature stilistiche, e anche di difetti formali e imprecisioni, fino al vero e proprio errore grammaticale.

Ma per fortuna i suoi maestri narrativi furono i francesi, da Dumas, padre e figlio a Ernest Feydeau, da Octave Feuillet a Eugene Sue e in seguito autori ancora più grandi come Balzac, i fratelli Goncourt, Moupassant e Zola.

Nel 1865 giunge a Firenze, e qui decide di dedicarsi al romanzo e meno al teatro, riscontrando grandissimo successo, come le vicende di suor Maria in Storia di una capinera.

Le protagoniste dei romanzi mondani sono donne che vivono l’amore in modo tragico, e risultano figure affascinanti e misteriose, mentre i personaggi maschili risultano spesso scialbi, ma si  riscattano quando assumono il ruolo di “proiezione” dell’autore e “pagano” al posto dello scrittore il tradimento verso la terra natale e la famiglia.

La seconda svolta fondamentale nel percorso letterario di Giovanni Verga, e anche questa volta scelta indovinatissima, si ha nel 1872  all’arrivo a Milano “la città più città d’Italia” come lui stesso la definisce. Qui c’è l’incontro con gli scapigliati, ossia il gruppo più agguerrito in campo artistico e critico.

La trasformazione del ruolo letterario di Verga, comincia alla fine degli anni settanta che diventa una deciso innovatore con la novella Nedda nel 1874. Non presenta ancora una autentica novità, ma dal 1879 in poi, Giovanni Verga inizia a cogliere con insuperabile tempismo e fiuto  l’importanza del naturalismo francese, anche per l’autorevole influenza della proposta del grande critico Francesco De Santis e dell’amico Luigi Capuana.

Dal naturalismo Verga ricava alcuni insegnamenti fondamentali. Da una visione del mondo rusticano  ancora tradizionale come quella presentata nel racconto  Fantasticheria (della raccolta Vita dei campi), ossia filtrata attraverso gli occhi del narratore, egli passa a definire i caratteri del modulo veristico: la fedeltà al “documento umano”, offerto “nudo e schietto” senza che intervenga la “lente dello scrittore” (che è poi la scelta fondamentale dell’”impersonalità”), l’adesione al metodo scientifico (in quanto “scienza del cuore umano) e la scomparsa del narratore-regista tradizionale.

In questo senso il decennio cruciale è quello compreso fra la pubblicazione in rivista delle prime novelle  di Vita dei campi (1879) e l’edizione definitiva di Mastro-don Gesualdo (1889), attraverso i Malavoglia (1881)e le Novelle rusticane (1882).

Va ricordato inoltre che nello stesso decennio  pubblica il romanzo borghese Il marito di Elena (1882) le raccolte di novelle Per le vie (1883) Drammi intimi (1887), e opere teatrali come Cavalleria rusticana (1884) e altro. Sono presenti insomma, tutti i temi  e i generi  dell’intera carriera letteraria di Giovanni Verga.

Fine parte II.

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