I VIOLINISTI

Quando il Titanica, considerato all’epoca il più avanzato prodotto dell’ingegneria navale, andò a sbattere in una montagna di ghiaccio e stava per affondare la maggior parte dei passeggeri o buttandosi in acqua o trovando posto nelle scialuppe di salvataggio si salvò non curandosi che sul ponte c’erano degli orchestrali che suonavano il violino come se niente fosse successo.

La crisi economica che stiamo attraversando, magari per una forzata similitudine, pare che ci riporta a quanto accadde oltre cento anni addietro.

Da una parte si è tutti d’accordo e convinti che non nuotiamo in un mare caldo e calmo per via della preoccupante percentuale della disoccupazione giovanile, di una pur minima previsione di ripresa economica che dovrebbe restringere quella sfera della popolazione che vive sull’uscio o dentro la casa dove sono ammassati i povri.

La generalità dei politici, senza distinzione di appartenenza, che ci propinano molte trasmissioni televisive, per un certo aspetto, somiglia a quegli orchestrali che suonavano il violino mentre la nave stava per capovolgersi. Usa un linguaggio generico e indifferenziato.  Se parla,come spesso accade, della spesa pubblica che bisognerebbe in molte sue parti rendere più efficiente o diminuire oppure in molte sue parti tagliare, le soluzioni che offrono sono generiche e superficiali.

 Si evita per evidente partigeneria non solo di calarsi su uno specifico e determinato aspetto ma anche di calarlo nel più generale contesto degli obblighi e dei doveri che spettano allo Stato.

Fino a quando possa durare questo stato di cose non è affatto facile prevederlo, specie se non si ristruttura la macchina statale da una parte e il cittadino comune non inizia ad affrancarsi culturalmente di considerare ogni cosa che piace, ad eccezione dei beni essenziali per la vita quotidiana, come indispensabile per le esigenze giornaliere.

L’economia globalizzata ha i suoi pregi e i suoi difetti, ma tutto sta nel non schierarsi senza reali elementi che ci convincono da una parte o dall’altra. Le economie dei paesi emergenti stanno invadendo quel mondo dentro le cui regole siamo nati e cresciuti ed è del tutto conseguente e normale che di quegli investimenti i primi a beneficiarne sono le popolazioni che hanno innescato tale processo per loro conveniente. Ci sarà pure una ragione del perché un territorio africano pari a tre volte quello italiano è stato comperato da questi investitoti.

Un imprenditore italiano in una trasmissione televisiva per esemplificare meglio il suo pensiero a proposito dell’opportunità di affrancarci di una certa percentuale di acquisto di fonti alternative energetiche ebbe a dire che gli italiani posseggono trenta milioni di autovettura, vale a dire una per ogni due abitanti e i cinesi che hanno un pil molto elevato e costante anno dopo anno e con oltre un miliardo e duecento milioni di abitanti ne posseggono solo dieci milioni in più.

Il governo italiano, come del resto tutti i governi dei 28 paesi che compongono l’Unione Europea, per mancanza di un comune organismo politico deve rispettare gli imposti e sottoscritti parametri finanziari, peraltro inseriti in Costituzione, di tal che nostri competitori sono anche e forse soprattutto gli altri 27 stati membri.

Quando una quindicina di anni addietro fu modificato il Titolo V° della Costituzione e si delegarono gli enti regionali e locali a legiferare su molte materie ed amministrare ognuno secondo le proprie competenze su tante aree territoriali loro riconducibili e su tanti e svariati aspetti delle condizioni economiche e sociali della popolazione residente i costi sono enormemente aumentati stante che il principio di governabilità locale, culturalmente accettabile, si trasformò in breve tempo nel consolidamento di interessi della parte politica dalla quale nessun partito si è sottratto.

E’ chiaro che ci si vuol riferire alla banale seppure valida esemplificazione della siringa che ha un diverso costo se comprata, tanto per dire, nel nord, nel centro o nel sud del nostro paese.

Per non parlare delle società partecipate individuate dagli esperti nominanti dai governi in oltre 8 mila e delle quali 7 mila dovrebbero essere eliminate.

La modifica del Titolo V° non sarà affatto semplice dovendosi nel contempo salvaguardare le posizioni dei lavoratori che hanno la sola colpa di prestare la comune e ordinaria attività lavorativa e contrastare gli impedimenti rappresentabili dagli apparati politici locali, senza distinzione alcuna, che in tali organismi svolgono la loro rappresentanza politica.

Il problema, però e necessariamente, si riversa sul potere politico nazionale che deve poter esprimere un governo forte, compatto e autorevole che deve fare riferimento al famoso detto di De Gasperi il quale si dichiarava dell’avviso che un parlamentare è veramente tale se non pensa solo alla sua prossima elezione ma alle prossime generazioni.

 

                                                                           Politicus .

 

 

 

 

 

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