SLA: MESSI A PUNTO NUOVI POTENZIALI FARMACI E UNA TECNICA DI DIAGNOSI PRECOCE

In questi giorni la SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica) ha avuto grande risonanza mediatica per l’iniziativa di “vip” e politici, diventata virale, di riversarsi addosso un secchio d’acqua.

Però si sono visti molta propaganda e pochi soldi.

Ebbene, i veri “vip” sono medici e scienziati, tantissimi italiani, che proprio in questi giorni, in sordina hanno portato a termine lavori importantissimi riguardanti (tra gli altri) proprio la SLA; è intuitivo che oltre ai cervelli occorrono ingenti finanziamenti per raggiungere risultati significativi. Dovrebbe essere noto al Presidente del Consiglio Renzi che al posto degli autogavettoni, sarebbe opportuno incrementare i fondi per la ricerca scientifica invece di decurtarli, cosa che attualmente relega l’Italia a fanalino di coda in Europa (in proporzione al PIL).

In questi giorni sono state pubblicate due importantissime ricerche, esposte di seguito.

– Sino ad oggi la SLA poteva essere diagnosticata solo al momento dell’insorgenza dei sintomi.

Ma adesso, grazie ad una ricerca italiana (pubblicata sulla prestigiosissima rivista Neurology) è stata messa a punto una tecnica che «permette di raggiungere un’accuratezza diagnostica del 95% e rappresenta un passo importante per lo sviluppo nella diagnosi precoce della malattia ( … ) Finora la SLA poteva essere diagnosticata esclusivamente attraverso l’indagine clinica e con il supporto di metodiche neurofisiologiche e pertanto richiedeva un lungo periodo di osservazione. L’accelerazione e la maggiore accuratezza della diagnosi di SLA sono fondamentali oltre che per la certezza di reclutare nei trial clinici pazienti con diagnosi confermata anche per lo sviluppo di nuove terapie e per l’identificazione di possibili familiarità sulle quali intervenire precocemente». La tecnica messa a punto alle Molinette di Torino si basa sulla  tomografia a emissione di positroni (Pet) che permette di valutare il metabolismo dei malati in una certa regione del corpo, confrontandolo con quello di pazienti sani ( … ) questa tecnica viene utilizzata per i tumori, nei quali la captazione delle regioni colpite è aumentata e per le malattie neurodegenerative, nelle quali è tipicamente diminuita. Mediante un algoritmo matematico è stato possibile identificare le aree cerebrali che presentano nei pazienti SLA l’alterazione funzionale caratteristica che li differenzia rispetto ai controlli ( … ) La serie di pazienti osservati è di gran lunga la più numerosa di qualunque altro studio di neuroimmagini effettuato finora nella Sla e questo rafforza l’affidabilità statistica e clinica dello studio».

– Inoltre è stato pubblicato uno studio congiunto Italia-Usa (IRCCS Istituto Auxologico Italiano e Università di Milano) che si pensa possa aprire la strada a terapie contro la SLA e altre patologie neurodegenerative.  «Il lavoro pubblicato dalla rivista internazionale Neuron rappresenta un importante momento sulla strada dello sviluppo di una terapia efficace per due malattie, la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) e la Demenza Frontotemporale (FTD), due patologie neurodegenerative oggi considerate un continuum. A dimostrazione di ciò, la causa più frequente delle forme sia sporadiche che familiari delle due malattie è rappresentata dalla mutazione del gene C9orf72 con espansione di sei basi (GGGGCC): la scoperta è del 2011ed ha rivoluzionato il mondo scientifico».

I ricercatori hanno sviluppato dei farmaci (per ora chiamati semplicemente “piccole molecole”) candidati al trattamento della malattia e sono stati in grado di mostrare che essi interferiscono con la proteina anomala coinvolta in entrambe le malattie.

«Le nostre piccole molecole hanno come bersaglio un difetto genetico che è di gran lunga la più importante causa di SLA familiare e se si dispone di questo difetto, si ha la certezza di sviluppare la SLA o FTD. I nostri risultati mostrano per la prima volta che il targeting di questa mutazione e piccole molecole individuate, possono inibire la traduzione tossica della proteina». Si è dimostrato che tali piccole molecole sono riuscite a ridurre di quasi il 50% la quantità delle proteine tossiche.

«Molto lavoro deve essere fatto, ma i primi risultati sembrano assolutamente promettenti».

 

                 

 

 

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