LA NOMINA DEL NUOVO CONSIGLIO CAMERALE

 Dopo due anni d’ineffabile paralisi commissariale, con il decreto di nomina del nuovo Consiglio Camerale, la Camera di Commercio dovrebbe ritornare alla sua naturale gestione: quella delle imprese.

La condizione è d’obbligo perché nell’estate del 2012 le più grosse associazioni d’imprese commisero due imperdonabili errori: alla presentazione della mozione di sfiducia di una parte contro i vertici seguì il regalo delle dimissioni della parte “sfiduciata”.

Il tutto cancellando la storia della Camcom di Ragusa fatta di virtuose e solide gestioni unitarie.

Adesso si ricomincia ma non si può ripartire dal contesto in cui si era consumata la rottura.

Quella fase va archiviata e rimossa perché ha creato solo danno al tessuto produttivo ibleo i cui stessi rappresentanti l’hanno bollata come piccola contesa di potere.

Occorre ripristinare subito la gestione unitaria dell’Ente camerale.

Il primo antidoto per fare fronte alle scelte del governo che depotenzia quasi tutte le funzioni delle Camcom per certificarne l’inutilità e il taglio del cinquanta/quaranta per cento delle quote d’iscrizione delle imprese alla sola Camcom di Ragusa nel 2015, determinerà un deficit di bilancio di due milioni di euro solo per le spese del personale.

Naturalmente salteranno il sostegno al credito, alla promozione del territorio e alla internazionalizzazione delle imprese, le quote di partecipazione alla Sac e seri rischi corre il personale di Infocamere.

Cgil, Cisl, Uil nelle scorse settimane hanno già promosso un primo incontro con tutti i rappresentanti del nuovo consiglio camerale e hanno ribadito la posizione del mondo del lavoro: bisogna assicurare una gestione forte ed autorevole con l’apporto di tutto il mondo delle imprese.

Restare divisi e contarsi non serve!

Il prestigio e la tutela del nostro patrimonio produttivo, la sua eccellenza e la sua competitività, hanno bisogno di una Camcom la cui direzione sia la sintesi più alta che può nascere solo da un accordo vero, trasparente di tutto il tessuto imprenditoriale.

Non sono più praticabili le scorciatoie maggioritarie sperimentate nel biennio 2011/2012.

Simili scelte sarebbero contrastate dal mondo del lavoro.                                                                            

 

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