SCENARI INQUIETANTI DAL RAPPORTO IPCC SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI

È stato recentemente presentato il secono volume del V Rapporto dell’IPCC , uno studio intergovernativo sulle dinamiche relative ai cambiamenti climatici.

Gli oltre 230 autori del documento hanno messo in guardia i Governi di tutto il mondo sulle attuali condizioni climatiche del Pianeta e sugli sconvolgenti scenari dell’immediato futuro. Gli argomenti dibattuti sono ormai abbondantemente noti, ma i vari Paesi, per quanto impegnati nella riduzione dei gas climalteranti, non fanno abbastanza e anzi molti non aderiscono agli accordi internazionali in tal senso o peggio ancora alcuni Governi, pur aderendovi, violano candidamente e costantemente i limiti massimi di emissione.

Secondo il Report, a livello globale, l’emissione di gas serra è cresciuta più rapidamente nel corso dell’ultimo decennio che in ciascuno dei tre decenni precedenti. Addirittura si calcola che negli ultimi 40 anni sia stata emessa circa la metà di tutta la CO2 di origine antropica dal 1750 al 2010 dove è stato raggiunto il picco con 49 miliardi di tonnellate. Le emissioni di CO2 da combustibili fossili e processi industriali hanno contribuito per circa il 78% dell’aumento totale delle emissioni di gas serra a partire dal 1970.

Per riuscire a limitare il riscaldamento globale entro l’obiettivo limite di incremento di 2°C, sarebbe necessario ridurre entro il 2050 le emissioni dal 40% al 70% rispetto ai valore del 2010.

La comunità scientifica è categorica, vanno prese delle decisioni drastiche ed immediate, altrimenti gli sconvolgimenti climatici non devasteranno “solamente” l’ambiente ma anche, come diretta conseguenza, i tessuti economici e sociali e la salute delle popolazioni. È facile prevedere che le emissioni continueranno ad aumentare, trainate dalla crescita della popolazione mondiale e delle attività economiche.

AREA DEL MEDITERRANEO

Adesso analizziamo quali potrebbero essere le conseguenze del riscaldamento globale nell‘area del Mediterraneo.

Da quello che emerge dal Rapporto IPCC e dal convegno tenutosi qualche giorno fa all’Università di Milano Bicocca, i cambiamenti climatici avrebbero notevoli impatti anche nei Paesi del Mediterraneo dove a subire i danni maggiori sarebbe l’agricoltura.

Innanzitutto si prevede che col trend di crecita attuale della temperatura, la desertificazione avanzerà a danno delle terre coltivabili e adibite al pascolo.  A minacciare l’agricoltura, concorre parallelamente anche il fenomeno della salinizzazione dei terreni dovuto alle eccessive concimazioni delle colture e agli allevamenti intensivi.

A tutto ciò si sommano i territori agricoli e naturali divorati dalla cementificazione selvaggia.

Inoltre, nei Paesi mediterranei, si inaspriranno ancor più problemi già oggi notevoli come la disomogenea distribuzione delle risorse idriche: si prevede che la già scarsa disponibilità d’acqua si accentuerà per gli Stati della costa africana che saranno obbligati sempre più ad acquistare  frumento, mais, riso dai Paesi della costa nord del Mediterraneo a maggior disponibilità d’acqua come Italia, Francia e Spagna. Ciò determinerà un rincaro dei prezzi dei cereali nobili con conseguente indebolimento delle economie. Inoltre, i modelli sui cambiamenti climatici prevedono una diminuzione globale della produzione di cereali del 2% ogni 10 anni e una perdita del loro valore nutrizionale, per l’uomo e l’allevamento animale, a causa dei terreni sempre più poveri per sovrasfruttamento e tecniche agricole non sostenibili.

Anche la biodiversità continuerà a subire il declino già in corso con tutte le conseguenze nefaste sugli ecosistemi che minerà alla base tutti gli equilibri a livello globale.

Tutto ciò delinea scenari inquietanti, in primo luogo il risveglio dell’istinto atavico dell’approviggionamento di cibo. Le grandi multinazionali, la “longa manus” dei Paesi più ricchi, esasperizzeranno imperterriti il cosiddetto land grabbing, il colonialismo moderno, già in essere, dell’accaparramento a man bassa delle terre migliori dal punto di vista agricolo di Africa e Sud America. La conseguenza sarà uno sconvolgimento totale dei già fragili equilibri socio-economici.

A questi dati non si può non aggiungere la previsione di una forte crescita demografica dei Paesi mediterranei che si prevede aumenterà del 30% rispetto ad oggi entro il 2020.

Nel Report i ricercatori  hanno anche elaborato diverse raccomandazioni dove intervenire nei diversi settori al fine di rallentare ed invertire la marcia che ci consentirebbe di attenuare e scongiurare simili scenari; i Governi, a cui spetta il compito di attuarle,  avranno il “coraggio” e la volontà politica di dire no alle lobbies del petrolio e del carbone,  alle multinazionali ed ai poteri forti?

La cosa certa è che non abbiamo il lusso di poter prendere e perdere ulteriore tempo.  

 

(fonte: Climate Change 2014: Mitigation of Climate Change – IPCC Working Group III Contribution to AR5)

 

 

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