SILVANO BRAIDO VISTO DA…

Silvano Braido, nato a Treviso, vive e ha lo studio in periferia, a Lancenigo di Villorba, immerso nel verde della campagna trevigiana. Fin da bambino, oltre al gioco, scopre il bisogno di disegnare come necessità di espressione e di comunicazione. La matita, i pastelli e successivamente l’olio e l’acrilico, gli saranno compagni inseparabili per tutta la vita. Il periodo scolastico lo impegna verso nuove acquisizioni eterogenee. Fin dalle prime esposizioni si rivela artista creativo e di grande fascino. Oggi, nel pieno della maturità, con raffinato senso pittorico costruisce immagini di straordinaria bellezza.

Sono presenti opere dell’artista in collezioni pubbliche e private in: Italia, Austria, Australia, Belgio, Repubblica Ceca, Canada, Cecoslovacchia, Francia, Germania, Inghilterra, Israele, Nuova Zelanda, Olanda, Romania, Russia, Serbia, Svizzera, USA, Bolivia, Perù, Spagna, Ungheria, Portogallo, Polonia. Tra le esposizioni più importanti si ricordano: Galleria Art Promotion Gallery – MUNCHEN BAYERN, Galleria Nuova Russia – ROSTOV SUL DON, Galleria Sztuki –  POLONIA, Chateau De Gruyeres –  SVIZZERA, Museo Parco Pinocchio Collodi – PT, Museo di Chiusa – BZ, Palazzo dei Congressi  Ortisei – BZ, Palazzo Barberini – Roma, Galleria Santo Stefano – VENEZIA, Galleria KB – COSENZA, Galleria Blarasin – MACERATA, “Visioni dall’Arte Contemporanea” – Complesso dei Dioscuri al Quirinale a ROMA, Museo Archeologico Nazionale di Buccino (SA) e Donnafugata (RG), mostra “Due Punti di Vista” insieme allo scultore Sergio Cimbali nello spazio Assenza di Pozzallo (RG); Arte fiera di Bologna, Padova, Udine, Bolzano, Vicenza, Ancona, Reggio Emilia, Pordenone, Vienna, Innsbruck, New York, Los Angeles, Gant.

“Or non è molto, mi è occorso di navigare con un certo agio nel mondo pittorico di Silvano Braido. Ho avuto il privilegio di farlo a bordo d’una navicella idealmente governata da Italo Calvino, il fondatore aerografo, il fabulatore delle “Città invisibili”, e altri innumerevoli siti d’una speciale topografia e antropologia parallela cui non consente di accedere la ricognizione al suolo, pedibus calcantibus, e sotto l’assedio delle mille marginalità che occhieggiano per farsi vedere. Prendendo il timone, Calvino si dichiarava a sua volta guidato da Marco Polo, il viaggiatore di lungo corso nelle province remote della Cina. Il veneziano lo aveva incontrato non lungo il cammino, nel corso dell’esplorazione, bensì al suo ritorno alla corte. Precisamente allorché rivisitò in veste di relatore le tappe del proprio itinerario, riferendone al Gran Khan, suo emittente e patrocinatore. Dipanandosi il racconto, Marco Polo era andato restituendogliele dilatate e straniate dalla memoria, in virtù del suo visibile parlare inteso ad accendere l’occhio della mente, talché quei lontani domini, e gli usi e le condizioni dei sudditi là dimorati, andavano componendosi plurimi, veri e reinventati nell’immaginario del Khan. Il cui ruolo e le incombenze mai gli avevano permesso di lasciare i padiglioni e i giardini del palazzo imperiale per una così lunga e defatigante spedizione. In siffatta sceltissima compagnia, ma da umile mozzo nel favoloso naviglio, ho dunque veleggiato i cieli dipinti da Braido con la probità tecnica d’un miniatore e il respiro, o meglio la levità o il soffio del poeta: spartiti di inusitato lindore anche nelle bruniture dei controluce; aria rarefatta persino nei climi attraversati da un sentore di turbamento. Ho sorvolato pianure spiegate in verticale, ripide a modo di quinte: alcune estese a tutto campo, fino a ipotizzabili orizzonti da qualche parte dello schermo ulteriore; altre lambite, su una certa linea alta del loro srotolarsi, dall’oceano nel quale trapassano e sembrano dissolversi, seguitando nel cielo la loro planimetria.

I personaggi di Braido raccontano situazioni e circostanze della comune vicenda, spesso recitando a soggetto temi e miti della letteratura occidentale e assumendo un assetto formale che sposa con grande naturalezza le sintesi di Giotto e quelle dei Cubisti, le invenzioni di Bosch e quelle dei Surrealisti.

Vagando in ricognizione affascinata per i sentieri aerei e tra i disseminati monumenti della “città invisibile” tradotta in preziose icone profane da Silvano Braido, non poteva, ovviamente, sfuggirmi il singolare campionario tipologico dei suoi proteiformi abitanti. Non tanto gli umani, ossia i loro simulacri appartenenti perlopiù alla moderna tradizione pittorica della figura in situazione, quanto gli animali delle più diverse famiglie e specie: uno zoo variegato e non sempre di agevole classificazione. Più degli uomini, dei quali anzi assumono non pochi caratteri e comportamenti, so gli animali le “dramatis personae” che subiscono le più spettacolari ibridazioni e metamorfosi nel laboratorio genetico di Braido. Non è una manipolazione irriguardosa della loro entità, sibbene un’assimilazione esopiana alla logica del racconto e alle conseguenti esigenze di elaborazione creativa delle loro maschere. Che non possono non essere proiettive, e dunque caricarsi del portato umorale oltre che delle trasmigrazioni immaginative dell’autore” – Nicola Micieli, testo del catalogo “All’arca all’arca” -.

 

Presto sarà allestita una sua personale al centro commerciale “Le Masserie” di Ragusa.

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