IL PENSIERO UNICO

Come una nuvola nera e densa, che si impossessa delle cose avvolgendole, il pensiero unico pervade gli spazi della riflessione, colonizzando dibattiti, infestando i palinsesti televisivi, riempiendo le pagine dei giornali. Salvo sparute eccezioni!

Il pensiero unico prevede una irremovibile certezza: l’Europa non si tocca! I suoi meccanismi di governance, le sue regole in materia di controllo della spesa, di politica monetaria, di ripartizione dei costi sociali, niente di tutto ciò è possibile seriamente rimettere in discussione, nemmeno quando si tenta di argomentare in maniera rilassata che basterebbe interrogarsi su cosa sia questa Europa:  se quella dei popoli, delle opportunità (di lavoro e di esperienza culturale), della pace e della solidarietà; o quella dei gruppi forti di potere finanziario, della Troika, di una Commissione non eletta, dei governi “tecnici” che poi sono politici e dei governi “politici” che assolvono una mera funzione tecnica.

La voce dissidente è spesso raccolta e amplificata a destra (vedi la Le Pen in Francia). Quando si tenta di farla parlare a sinistra si è inevitabilmente inscatolati nello spazio angusto delle anticaglie ideologiche o assimilati ai fiancheggiatori del grillismo.

Bisognerebbe ripartire da una considerazione sulle priorità che l’Europa unita si è assegnato. Vale a dire, semplicemente, perché si  sia scelto di dare al continente unità monetaria senza prima tentare l’esplorazione di una unità politica, che passasse per le disarmonie culturali, i “disavanzi” post-bellici che ogni paese aveva affrontato a modo suo.

Come non rendersi conto che, nell’immediato dopo della caduta del muro, il modello di stato sociale quale era quello realizzato in Germania e il modello di stato politico quale quello italiano sarebbero entrati in rotta di collisione e inevitabilmente (e prevedibilmente) il primo si sarebbe affermato sul secondo, con le conseguenze che sono sotto i nostri occhi: lo stato che si fa garante dell’esigibilità del credito, strumento di riconversione del welfare in imposta,  di azzeramento dei diritti di cittadinanza, di  penetrazione nel tessuto vivo della società attraverso i meccanismi del bio-potere, ferocemente e lucidamente preconizzati da Foucault sin dagli anni ’70.

 

Il pensiero unico non ammette scarti dalla logica binaria “europa/non europa”. Quando si tratta, realisticamente, di considerare la natura politica di scelte di governance che vengono costantemente spacciate – in pieno assetto ideologico – come passaggi oggettivi necessari appartenenti alla sfera dell’economico. Di un economico puro che, ovviamente, non esiste: perché l’Europa che conosciamo, e contro cui ci scontriamo, è un’Europa politica tagliata sulla misura degli interessi di chi la governa. E non sono i “popoli”.

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