DONATA SCUCCES VISTA DA…

Donata Scucces nasce a Modica (RG) il 27.10.1958. Dopo la maturità Classica si trasferisce a Firenze dove consegue il Diploma di Architettura d’interni presso l’Accademia d’Arte L. Cappiello. Dal 1983 al 1992 insegna disegno e tecniche d’arte applicate presso un Istituto privato di Formazione professionale a Modica e Ragusa. La passione per le arti figurative ha da sempre avuto un ruolo fondamentale nella sua vita, tuttavia il suo carattere introverso e la ritrosia a mostrare le sue opere fanno sì che, dopo un timido esordio nel 1985 con una mostra personale presso il Palazzo dei Mercedari a Modica, solo dal 2004, forzando la sua natura, decide di riproporsi al pubblico partecipando a rassegne d’arte e mostre collettive. Nel 2010 l’incontro con Amedeo Fusco, con il quale ha inizio una collaborazione che la porta a farla conoscere ad un pubblico più vasto in spazi di livello nazionale con mostre a Roma presso il Complesso dei Dioscuri del Quirinale – “Visioni dell’Arte contemporanea”, dove ha esposto con E. Calabria, P. Guccione, A. Turchiaro, A. Barbante, S. Cimbali, A. Cavallo, S. Braido e altri, ha esposto anche al Museo Nazionale di Buccino(SA) ed ha partecipato anche all’edizione dell’Istanbul Fair Art 2011. L’apprezzamento e le critiche positive la incoraggiano a continuare nel suo percorso artistico.

Concentrando la nostra attenzione per qualche istante e, avvicinando gli occhi alle “scene dell’animo” che Donata Scucces imprime su tela, ci si perde nelle tonalità, nei colori e nelle raffigurazioni armoniche dei suoi “paesaggi” d’artista. Ella fissa, con la sua nuance, lo stato interiore dell’animo umano, qui finito ed infinito si compenetrano senza che però mai l’uno abbia netta prevalenza sull’altro. La sua tematica pittorica ci ricorda le atmosfere dell’artista tedesco Caspar David Friedrich, uno dei più importanti rappresentanti del “paesaggio simbolico”. Il paesaggio naturale per alcune correnti pittoriche è stato considerato come opera divina, numerose le pitture raffigurati momenti particolari come l’alba, il tramonto, frangenti di tempeste o cicli e stagioni della natura. Anche la Scucces, coglie e dipinge i suoi “paesaggi” con quell’intensità interiore e quella “forza divina” che tiene dentro di sé. Donata Scucces ferma su tela il chiarore dell’alba o il crepuscolo della sera, i suoi soggetti sono “tumulti e tempeste dell’animo” e, qui è difficile individuare confini, limitato ed illimitato sono in un costante rapporto dialettico. Fra le ombre nasce un’atmosfera onirica che fa dei paesaggi rappresentati dall’artista, luoghi e “terre di mezzo” a metà strada tra il sogno e la realtà. Sconfinate profondità dello spirito, sintesi di mondo interiore e di una natura, dove l’infinito trova una dimora di pace. Un’artista che in un ambito prettamente spirituale trova collocazione in una “nuova sensibilità” romantica, ella propone i suoi “racconti” – come il vecchio marinaio di Samuel Taylor Coleridge – su due livelli: il primo è una sorta di cornice, in cui il l’artista introduce le storie e presenta i suoi paesaggi, il secondo livello è invece composto dal racconto intimo, riguardante il viaggio che ogni osservatore compie nelle acque del proprio mare. La Scuccess è pittrice e poeta, e la sua arte è esplorazione vera, come ha scritto, con il suo linguaggio popolare, Ai Qing il poeta cinese innovatore:

“Il pittore e il poeta hanno analoghi occhi che attraverso la finestra dello spirito esplorano con l’arte l’universo…”

“Davanti al paesaggio gli occhi dell’anima colgono ciò che gli occhi non possono cogliere”. Ha scritto Baudelaire, un’espressione abbastanza vicina alla concezione filosofica di Friedrich: “Chiudi il tuo occhio fisico così da vedere l’immagine principalmente con l’occhio dello spirito”. E’ così per l’espressione pittorica di Donata Scucces, il rapimento e l’estasi per la visione, invece l’astrazione, apparentemente esteriore, riconduce “dentro” a quegli occhi dell’anima, pronti a intraprendere un viaggio verso quella parte più spirituale e più intima che è nella terra del cuore. È in noi che i paesaggi hanno paesaggio. Perciò se li immaginiamo riusciamo a crearli; se li creiamo esistono; se esistono possiamo vederli. 
Le sue sfumature di colore, risentono dell’habitat naturale del territorio Ibleo, c’è quell’anima “diversa”, autoctona, figlia di questa terra, parte specifica del “pianeta” Isolano. Un “sentire” – quello della Scucces – anch’esso intriso di quella “sicilitudine” tanto cara a Leonardo Sciascia. Su queste tele riaffiorano l’oro, ocra e il bruno della pietra calcarea, ci sono le ombre e le “rughe” degli scogli del Mediterraneo. Affiorano le rilucenze grigio-azzurro delle “muragghi” dei terrazzamenti, ai lati delle “trazzere”, il verde del carrubo e della palma, c’è l’argento, spento, degli olivi selvatici. C’è traccia dell’esplosione dei colori della fioritura del mandorlo. Da vicino, se ci si accosta, salgono lievi i profumi inebrianti degli agrumi e, restiamo presi interamente come “api ebbre”, nella sacca del miele. Uno “spettro continuo” di luce, un arcobaleno intenso e irresistibile, tonalità e cromatismi pregnanti. Ecco allora: l’indaco intenso, poi l’arancio e il granato, il rosso vinoso della polpa “d’arancia rossa”, il violetto cangiante di quel vegetale armato, vestito da guerriero, tenero al cuore e di polpa pacifica – che è il carciofo, della vicina terra di Ramacca -. Dalle sue tele si aprono scenari immaginifici, lasciano tracce le civiltà del passato: bizantini, arabi, normanni, svevi e angioini è un’eredità che si fonde nella cultura e nella tradizione Iblea. Un ventaglio che è un universo di colori, sfogliare le “pagine” della Scucces è come svelare la ‘polpa sapida’ dentro la tunica biancastra della cipolla bianca di Giarratana”, allora, l’occhio si perde nella magia delle immagini e nell’intensità dei profumi. L’artista diventa il nocchiero dello spirito, con la sua arte, ci traghetta sull’altra riva, quella meno conosciuta e più intima. Ella ha la capacità di proporre innanzi a noi armoniose melodie avvolgenti: inferni o paradisi? Solo lo stato d’animo di chi osserva può rivelare se il traghettatore sarà Caronte, Beatrice o San Bernardo e, se le terre verso cui ci lasciamo condurre liberamente, saranno i gironi del l’Inferno o cieli del Paradiso. E intenso il tratto pittorico di Donata Scucces, non ammette distrazioni, i suoi “panorami intimi” permeano il cuore e rimangono dentro. E’ un fascino che le arti più belle nascondono nelle pagine più intense e più ricche d’amore. Io non so se le pennellate, di Donata Scucces, siano l’esperimento, la ricerca avanzata o la risoluzione dell’antico interrogativo dell’arte pittorica: “Lo spirito dell’uomo è realmente libero, oppure dipende dal tempo e dallo spazio?” …forse, però, il mondo che questa artista esprime è già al di là dei confini conosciuti e, spazio e tempo sono semplicemente un riferimento lontano non più percettibile. Quando ci si accosta alla sua pittura e alle atmosfere dei suoi paesaggi ne scaturisce un raccoglimento naturale, fortemente spirituale, perché tra le sue pennellate, in quelle distese di colore si avverte la forza, la sincerità e l’inquietudine intima di una silenziosa preghiera. 
(Rosario Sprovieri, gennaio 2011).

 

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