21 RICHIESTE DI TRIVELLAZIONI MARINE NEL CANALE DI SICILIA

“Siamo di fronte a un vero e proprio assedio del Mare Nostrum da parte delle compagnie straniere – ha dichiarato Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente – che hanno presentato il 90% delle istanze di ricerca nel mare del nostro Paese, considerato il nuovo Eldorado, grazie alle condizioni molto vantaggiose per cercare ed estrarre idrocarburi”.

Il movimento ambientalista ha lanciato l’allarme rosso. Legambiente ha diagnosticato un grave stato di salute per molti mari della nostra penisola: proprio questo mese infatti, dopo 55 giorni di viaggio lungo le coste per difendere la salute del nostro mare dall’inquinamento, la cementificazione selvaggia delle coste, la trivellazione dei fondali alla ricerca del petrolio, Goletta Verde ha presentato il rapporto dal titolo “Un mare di trivelle” che denuncia le più rischiose attività di ricerca petrolifera che stanno avendo luogo proprio nei litorali italiani, a poche miglia dalle nostre spiagge.

Risultano essere ben 25 le campagne di indagine petrolifera autorizzate ad estrarre idrocarburi dai fondali marini fino 31 maggio 2011, per un totale di quasi 12mila chilometri quadrati di superficie: sette trivelle perforano nell’Adriatico settentrionale, tre tra Marche e Abruzzo, due in Puglia, una in Sardegna. Ma la nostra regione vince su tutte: ben dodici trivelle sono infatti in funzione nel canale di Sicilia.

Legambiente ha calcolato che se tutte le richieste di trivellazioni offshore (la maggior parte provenienti da compagnie petrolifere estere) venissero approvate, l’area in questione, comprese le aree per cui sono state avanzate richieste per l’attività di ricerca petrolifera,  raggiungerebbe una superficie di 30mila chilometri quadrati. Una superficie più grande della Sicilia insomma.

 

Una delle due aree più importanti per le trivellazioni marine, a parte l’Adriatico centro-meridionale, dove è stato estratto il 46% del totale, è la costa siciliana meridionale, tra Gela e Ragusa, in cui si è prelevato il 54% del totale delle estrazioni. Nel dettaglio, le aree di mare oggetto di richiesta di ricerca sono 39: 21 nel canale di Sicilia, 8 tra Marche, Abruzzo e Molise, 7 sulla costa adriatica della Puglia, 2 nel golfo di Taranto, e 1 nell’Adriatico settentrionale

 

Proprio su queste due zone si concentrano le richieste di nuove autorizzazioni, che secondo Legambiente non risparmierebbero neanche alcune Aree Marine Protette come le isole Egadi e Tremiti.

Ma a preoccupare l’associazione ambientalista è anche un disegno di legge (attualmente in discussione in Parlamento) che prevede la semplificazione dell’iter autorizzativo per la ricerca e la coltivazione degli idrocarburi, e che esclude gli aspetti di carattere ambientale che salvaguarderebbero la zona costiera dalle estrazioni.

Un assalto che poi, non solo danneggerebbe inevitabilmente il turismo costiero e la pesca, ma servirebbe soltanto ad incrementare i guadagni delle società petrolifere in quanto agli attuali tassi di consumo calcolati da Legambiente (73,2 milioni di tonnellate nel 2010) le riserve di petrolio presenti nei fondali marini – pari a 11 milioni di tonnellate secondo il Ministero dello Sviluppo economico – verrebbero esaurite già in meno di 2 mesi.

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